«In coma sentivo i medici dire: “Non c’è speranza...”»

Pieno di sana voglia di vivere, un tragico incidente lo riduce per dieci lunghi anni in coma vegetativo. Proprio come Eluana Englaro. Ma non c'è verso che la sua famiglia si arrenda. Anno dopo anno Massimiliano Tresoldi, oggi trentanovenne, viene curato amorevolmente, con la stessa intensità del primo giorno. Mamma Lucrezia e papà Ernesto sono convinti che lui potrà tornare a essere come prima. Contro ogni verdetto medico. Massimiliano ce la fa e dal primo risveglio in poi sta piano piano tornando a una vita normale. La famiglia Tresoldi, di Carugate ha vinto. E proprio oggi, in sala consiliare a Pavia, verrà insignita della cittadinanza onoraria dal sindaco del borgo, Alessandro Cattaneo, perché è a Pavia che Massimiliano è stato ricoverato in coma e ha fatto conoscere la sua storia e quella della sua famiglia coraggiosa. Tutto anche grazie alla raccolta di firme promossa da «Pavia Città per la vita e i malati» e sottoscritta da oltre 2000 residenti. Non solo. Alle 21 la famiglia Tresoldi ringrazierà anche la popolazione pavese e regalerà la propria testimonianza all’Happening dei giovani nel castello visconteo alla cui festa tutta la cittadinanza è invitata. Perché Massimiliano la sua storia la vuole raccontare. La madre Lucrezia spiega al Giornale: «Ben vengano iniziative come questa del comune ma anche i tanti incontri tra la gente. Per far capire a quante più persone possibile che la vita va sempre vissuta. Qualsiasi cosa possa accadere». È l'agosto 1991. Massimiliano ha 19 anni, si è appena diplomato in grafica pubblicitaria e ha mille speranze per il suo futuro. Con i suoi amici parte per Vieste, la città d'origine della sua famiglia. Sta lì pochi giorni: decide di ripartire per la Romagna e accompagnare lì i suoi amici per tornare a casa. Non ci arriverà mai. Si schianta a Melegnano alle 7 del mattino. Entra immediatamente in coma. Da lì in poi il buio. Ma sia chiaro: solo per i medici. Perché Massimiliano continua a spiegare, con dovizia di particolari, che in tutti questi anni, mentre i medici lo definivano in stato vegetativo, sentiva tutto. Ha udito chiaramente quando i medici hanno paragonato il suo cervelletto a una centralina alla quale sarebbero stati tagliati tutti i fili. Per cui lui non avrebbe potuto sentire nulla, a nessun livello. Ogni sera la madre gli prendeva la mano per fargli il segno della croce. È Natale del 2000 quando, disperata, la donna dice al figlio: «Sono stanca. Adesso Basta. Fattelo tu il segno della Croce, se vuoi». E lui si risveglia. Muove il braccio e fa il segno della croce. Da lì in poi ogni giorno un piccolo progresso in più. Fino a oggi. Ieri mattina Massimiliano ha detto: «Io voglio il caffè». Ha quindi ripreso a parlare, a muoversi, sta facendo ginnastica per riprendere anche a camminare. Sta tornando a una vita normale. È rinato. La sua voglia di vivere è tornata. Il sindaco di Pavia sottolinea: «Siamo tanto felici di poter dare un premio a chi ha scelto a ogni costo la vita».

Cosa pensa Massimiliano? L'ultima volta che è stato a Lourdes ha voluto scrivere lui alla Madonna, dopo tante preghiere recitate dagli altri in questi lunghi anni. Le ha fatto un appello: «Dai la forza a mia mamma per vivere ancora a lungo». La vita per la vita, insomma. Perché qui si è capito che l'unica cosa che non va fatta mai è arrendersi.

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