"Un complotto delle toghe": sospetti su Di Pietro Ma i democratici insistono: "Siamo i migliori"

Le procure agiscono tutte nello stesso momento: la nuova deriva giustizialista regala voti all'Italia dei valori. E c'è chi dice: Tonino burattinaio della magistratura. E dal Loft il centrosinistra rivendica la propria superiorità morale

"Un complotto delle toghe": sospetti su Di Pietro
 
Ma i democratici insistono: "Siamo i migliori"

«Dai e dai, lo vedi che hai capito anche te?», diceva Maurizio Ferrini a Quelli della notte. Era la metà degli anni Ottanta e la figura dell’«ultimo comunista» che cercava di indottrinare i compagni era già una macchietta. Dai e dai, vuoi vedere che anche gli ex comunisti hanno capito chi è Di Pietro? Che se lo conosci lo eviti?
Ormai Veltroni starà senz’altro maledicendo il giorno in cui ha ceduto alla tentazione - lui che aveva detto: andremo da soli - di preferire il mal accompagnamento alla solitudine. Un abbraccio mortale perché, come ha scritto qualcuno, l’alleanza con Di Pietro ha appiattito il Pd sul solo anti-berlusconismo, che non paga più. Ma mortale soprattutto perché, quando punti tutto sull’«onestà», trovi sempre qualcuno ancor più «onesto» di te che alla fine ti porta sulla ghigliottina. Accadde anche a Robespierre.

Adesso c’è un motivo in più per maledire il giorno dello sciagurato patto. Ed è il sospetto che Tonino sia il regista, o almeno uno dei registi, di questa inedita offensiva della magistratura contro il Pd. Non eravamo sempre stati risparmiati, noi? E allora perché adesso ce l’hanno anche con noi, anzi solo con noi? Nel Pd il dubbio affiora e riaffiora di continuo. L’altro giorno Goffredo Bettini ha detto: non credo ai complotti, però. Daniele Marantelli, il «leghista» del Pd, dice: «Siamo nel pieno di una battaglia tutta politica». Non giudiziaria: politica. Dalla Basilicata all’Abruzzo alla Campania si chiedono: ma chissà come mai tutti insieme, e proprio adesso. La Velina Rossa di Pasquale Laurito scrive papale papale di «una vera e propria regìa messa in atto da quando alcuni esponenti del Pd come Violante hanno espresso l’urgenza di una riforma della giustizia».

Un complotto delle toghe, insomma? E chi è più toga di Di Pietro, tra i politici? Su di lui il marchio del pm è indelebile. È come certi ex preti: lasciano il sacerdozio, si sposano, fanno figli, lavorano come impiegati, ma l’aspetto del reverendo non glielo toglie più nessuno, chissà, forse le scarpe, forse i calzini.

Di Pietro dietro alle inchieste di Pescara e di Napoli, dunque: è questo il sospetto. Molti parlamentari, soprattutto ex ds, lo dicono apertamente, anche se poi ti chiedono di non scriverlo. Invece Europa, che è il giornale della parte margheritina del Pd, lo scrive apertamente che lo sfascio è colpa di Di Pietro: «Liberatevi da questo ircocervo», ha titolato l’altro giorno in prima pagina. Antonio Polito, che è uno molto addentro e molto accorto, ieri ha scritto sul suo giornale, il Riformista, che non mette la mano sul fuoco «per nessuno dei tanti indagati e arrestati di questa seconda Tangentopoli». Però ha aggiunto subito: «Se permettete, non la metto neanche per i pm che hanno riaperto il festival delle retate». «C’è una nuova deriva giustizialista», ha spiegato poche righe più sotto. E chi è più giustizialista di Di Pietro? E poi: se vale come sempre il cui prodest, come non sospettare di Tonino? È lui che ha guadagnato voti dalla caduta del Pd in Abruzzo. Lui che si preparerebbe a prendere la guida dell’opposizione, naturalmente in attesa di prendere quella del Paese.

C’è anche un indizio, inquietante. Il nostro Chiocci lo ha già spiegato. Di Pietro a un certo punto accantonò il suo uomo di fiducia Mario Mautone, che ora è indagato. Lo feci - ha spiegato Di Pietro - perché seppi che era sotto inchiesta. Ma da chi lo seppe? «Dalle agenzie di stampa», ha risposto Di Pietro. Ma nessuna delle agenzie di stampa, quando l’ex pm e allora ministro trasferì Mautone, aveva mai parlato di quell’indagine.

Altre voci parlano di intercettazioni telefoniche che riguarderebbero Di Pietro e che chissà come mai i magistrati di Napoli non hanno messo agli atti. Noi che siamo garantisti anche con Di Pietro, non ci crediamo finché non vediamo e non tocchiamo. Diciamo solo che nel Pd tra i tanti veleni che circolano adesso c’è anche questo, il sospetto su un partito delle toghe che vuol fare di Tonino il leader dell’opposizione. Una volta si parlava di toghe-rosse, che dopo aver spazzato via la Dc e il Psi cercavano di far fuori Berlusconi: adesso ci sarebbero le toghe-toghe, pura magistratura in azione. È come se dicessero: vi abbiamo dato una mano per prendere il potere «per via giudiziaria», non ci siete riusciti, adesso facciamo da soli. Una discesa in campo anche questa, in un certo senso.

Noi crediamo poco all’esistenza di questo complotto. Per due motivi. Il primo è che abbiamo sempre diffidato della tendenza, tutta italiana, di vedere un Grande Vecchio che sta «dietro» a tutto quel che succede. Il secondo motivo - più decisivo - è che per organizzare un complotto di tale portata occorre una testa che non sappiamo fino a che punto il Pd faccia bene a scorgere sulle spalle di Di Pietro.
Resta il fatto però che le Procure scatenate di questi tempi stanno facendo - per accordo o per caso - un grosso favore all’Italia dei Valori, un partito che ha un uomo solo al comando, e anche agli ordini.

Se Di Pietro riuscirà a spazzare via il Pd e ad avere il monopolio dell’opposizione, l’Italia farà da apripista a un singolare nuovo bipolarismo: quello che prevede l’alternanza tra un polo moderato e un polo reazionario. E al Pd non resterà altro ruolo di quello che dovette interpretare il povero Ferrini quando finì il comunismo: quello della signora Coriandoli.

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