Concorsi statali aperti agli imbroglioni

Roma. La colpa è grave, ma la pena lo è molto di più. Per eccessiva severità del giudizio, la Consulta ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittima la «punizione» della «decadenza perpetua» dalle graduatorie, prevista per chi ha fatto carte false pur di entrare nella pubblica amministrazione. In sostanza, coloro che hanno dichiarato il falso per poter essere ammessi nei concorsi pubblici e sono stati esclusi dalla graduatoria per ottenere il posto al quale puntavano, potranno ripresentarsi in futuro sempre nel settore del pubblico impiego.
È stato ritenuto eccessivo, insomma, il castigo previsto per gli «imbroglioni» che si vedevano precludere per sempre la possibilità di partecipare a un concorso pubblico. La Consulta ha ritenuto che l’ingiustizia sia dovuta al fatto che non c’è adeguatezza tra l’illecito commesso e la sanzione ricevuta, infatti colpisce per una durata illimitata e senza distinzione tutti i comportamenti «rientranti nell’area di decadenza dal pubblico impiego».
Il caso è stato innescato dal ricorso di una professoressa pugliese che aveva protestato contro il ministero della Pubblica istruzione per averla dichiarata decaduta in perpetuo.

L’insegnante aveva certificato di essere invalida civile, nonostante la sua menomazione fosse del 37% e non del 46% come prevedeva invece la normativa per agevolare l’occupazione dei portatori di handicap. Grazie a questo «trucchetto» la prof aveva ottenuto la cattedra nell’anno scolastico 2002-2003.

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