Mimmo Di Marzio
Quadri persi giocando a scopa, tele in cambio di pranzi allosteria, bicchieri di vino «segnati» da pagare; a babbo morto, cioè praticamente mai. È questo il clima della Milano del Dopoguerra che accolse il giovanissimo Gianni Dova, arrivato da Roma con la valigetta per frequentare laccademia di Brera. Ma non furono certo le lezioni teoriche o le esercitazioni con la modella a fargli battere il cuore, quanto quello che accadeva appena fuori, attorno ai tavoli di baretti come il «Jamaica» dove sedevano per ore, spesso a litigare ma anche a sognare di cambiare il mondo, artisti che hanno fatto la storia anche se in pochi ci credevano: da Lucio Fontana a Piero Manzoni, da Mario Merz a Enrico Baj. In quegli anni, su quei tavolini, volavano le avanguardie e il giovane Dova ascoltava rapito le conversazioni di artisti già entrati nellOlimpo della pittura europea ma anche di intellettuali come Quasimodo, Alfonso Gatto o Elio Vittorini.
Ascoltava, ma di quellansia di rinnovamento si nutriva e permeava la sua pittura. La retrospettiva che si apre domani a Milano (Galleria Cafiso Arte, piazza San Marco 1) fotografa a volo duccello il percorso dellartista scomparso nel 91 che ha vissuto sulla propria pelle le vibrazioni di quellepoca facendosene interprete personalissimo. E in quel periodo si intersecavano alla velocità della luce movimenti e correnti diversissimi e a volte addirittura antitetici, come il M.A.C. (Movimento per larte concreta) rivolto stoicamente alla ricerca della forma pura, al di fuori da qualsiasi imitazione del mondo esterno; o come il Movimento Spaziale capeggiato da Lucio Fontana che attingeva alla scienza per uscire dai limiti fisici della tela; o come il Movimento Nucleare dei primi anni Cinquanta che si pose in netta opposizione allastrattismo geometrico. Una tappa importante per Dova fu certo il sodalizio con Roberto Crippa e gli artisti del cosiddetto Consorzio di cervelli, come Cesare Peverelli, Bruno Cassinari, Sambonè, Ernesto Treccani e Ennio Borlotti. Come Crippa, Dova si catapulta dapprima nelluniverso post-cubista, per poi cercare unardua sintesi tra Concreto e Astratto, eppoi scegliere totalmente questultimo prima di scivolare nellInformale. La mostra di Milano, intitolata «Dova, la maturità e il percorso», documenta in un centinaio di opere il suo lungo e tormentato percorso pittorico, dai primi anni 50 caratterizzati dai dipinti «nucleari» rappresentativi della sua visione dello spazialismo, ai secondi anni Cinquanta e Settanta caratterizzati da una vena surrealista imbevuta delle visioni di Max Ernst, fino alle opere degli anni 80, gli ultimi di vera creatività, che hanno visto un riaccostamento al paesaggio. Più mentale che fisico. Proprio il periodo della piena maturità dellartista viene ad essere rappresentato per la prima volta con maggiore ed esauriente attenzione.
Nel catalogo, edito da Skira, il critico Enrico Crispolti propone una sorta di diario di esperienze sul campo ripercorrendo le tappe di un dialogo critico doviano dal Dopoguerra ad oggi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.