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Confessioni in tv Michelle: «Barack? Quando l’ho conosciuto era un secchione dal nome strano e con l’aria imbranata»

L'uomo che il prossimo 20 gennaio, a Washington, porrà la mano destra sulla stessa Bibbia appartenuta ad Abramo Lincoln per giurare come 44° Presidente degli Stati Uniti, è «un tipo senza fronzoli». A volerla dire tutta è addirittura uno che non molti anni fa, agli occhi di una bella ragazza già in carriera, poteva perfino apparire un buffo «secchione», per non dire «un po' sfigato». Comunque, era (ed è) anche uno «rilassato», uno che soprattutto «non si prende mai troppo sul serio».
Parole di chi lo conosce. Parole di chi lo ama. Queste e altre ancora sono quelle usate da Michelle Obama, prossima First lady, per raccontare il marito com’era al tempo dei loro primi incontri. E in fondo anche com’è. Non a caso, in giorni di cinghia stretta come quelli che attendono al varco l’imminente presidente, è per prima l’immagine di «no-frills guy», appunto di un ragazzo senza fronzoli, quella che Michelle ha voluto consegnare all’America e al villaggio globale in un’intervista deliziosamente intima concessa alla rete Cnn.
«Non gli importava di ciò che la gente pensasse di lui e di come lui potesse apparire ai loro occhi», ha scandito Michelle iniziando a tratteggiare il profilo di quel «pennellone» magro magro, dall'immacolato sorriso panoramico, che sarebbe diventato suo marito. «Quello che gli stava per davvero a cuore era unicamente il lavoro sociale che svolgeva a Chicago e non di certo il proprio aspetto».
Pare addirittura che sotto questo profilo, Obama sia cambiato ben poco. «Infatti mi innervosisco quando sento tanti che lo definiscono uno degli uomini meglio vestiti. Posso pensare che dicano così perché fa sempre una buona figura in quanto è alto e snello, ma se andate a guardare da vicino è facile trovargli un buco nel fondo dei pantaloni». Infatti, ha aggiunto la prossima First lady, «Barack conserva ancora gli stessi pantaloni e le camicie che aveva quando ci siamo sposati».
Comunque, il loro non fu un colpo di fulmine. Anzitutto perché la prima cosa che lei si domandò «fu quella che probabilmente si chiede chiunque senta citare per la prima volta Barack Obama». Ovvero «ma che cavolo di nome è mai Barack Obama?». E poi perché la sua prima valutazione fu che «quel ragazzo dovesse essere un po' strano: un intellettuale secchione e un tantino sfigato». Ma quando le loro strade si incrociarono di nuovo, nello studio legale Sidley Austin dove lei lavorava e dove lui era stato assunto, «tra noi fu intesa a prima vista».
Il futuro presidente affascinò quella bella ragazza raccontandole il suo passato. «Così scoprii che suo padre era originario del Kenya, che sua madre era una donna bianca del Kansas e che lui aveva passato parte della sua vita in Indonesia. Barack sapeva essere divertente e non si prendeva mai troppo sul serio. Spiccava proprio per quel suo essere sempre rilassato. Era davvero un tipo con i piedi per terra nonostante avesse un background tanto più «esotico» rispetto al mio». Del resto, è la spiegazione, «lui arrivava da un’esperienza di organizzatore in una comunità emarginata di Chicago, lavorando a tu per tu con ragazze madri e con nonni rimasti soli a tirare su i nipoti.

Insomma, non poteva essere certo un tipino da Wall Street, in camicia button-down».

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