Per anni ha tenuto la contabilità, ha curato la dichiarazione dei redditi, calcolato lIva e gestito moduli dei versamenti per conto di unazienda milanese. E, per anni, è stata puntualmente pagata per le sue prestazioni professionali. Ma L.D., una donna di 55 anni, commercialista non lo è mai stata. Truffando due volte. Oltre alla retribuzione, infatti, quanto lazienda doveva al Fisco finiva invece nelle sue tasche, e non nelle casse dellErario. Per questo, ieri, il Tribunale lha condannata a un anno e sei mesi di reclusione (con la sospensione condizionale) e a 500 euro di multa per i reati di truffa aggravata dallabuso di prestazione dopera, sostituzione di persona ed esercizio abusivo della professione.
Dieci anni. Tanto L.D. ha lavorato nella ditta di una imprenditrice milanese. Spacciandosi per commercialista, L.D. veniva regolarmente retribuita per consulenze e collaborazioni. Compilava le dichiarazioni dei redditi, calcolava le imposte dovute allo Stato e quelle detraibili, si districava con disinvoltura nei labirinti della contabilità fingendo competenza e, soprattutto, professionalità. Tutto per finta, perché il denaro che limprenditrice le versava per pagare le tasse, la donna lo tratteneva per sè, evadendo così il fisco per cifre considerevoli. Tanto, che limprenditrice che le aveva conferito lincarico ha finito per subire pesanti sanzioni pecuniarie, trovandosi infine costretta a mettere unipoteca sulla propria casa.
La sedicente commercialista, che non si è mai presentata alle quattro udienze del processo, ha ottenuto la condizionale, ma ma subordinata al pagamento del risarcimento dei danni, con una provvisionale (un acconto sul risarcimento disposto dal giudice a favore del danneggiato) di 20mila euro.
«Si tratta di un particolare istituto - hanno spiegato i legali di parte civile, Piero Magri e Alessandro Racano - non molto utilizzato dai giudici: in sostanza, se la sentenza dovesse essere confermata nei successivi gradi di giudizio, e se la somma non sarà versata, limputata dovrà scontare la pena in carcere senza alcun beneficio». E questa, secondo i legali, «dovrebbe essere la soluzione per risolvere processi per truffe come questa».