Conti in rosso per Washington

da Washington

A partire dal 2007, e per tre anni consecutivi, il Fmi si ritroverà con un bilancio «in rosso» fino a sfiorare i 300 milioni di dollari nel 2009. Non accedeva dagli anni ’70. Ma non soltanto per questo motivo, la riforma dell’istituzione di Bretton Woods si sta facendo sempre più urgente: il peggioramento dei conti va infatti di pari passo con una diminuzione dei prestiti ai Paesi membri. E, più in generale, una struttura nata all’indomani della Seconda guerra mondiale sta incontrando gravi difficoltà ad adattarsi all’economia globalizzata. Per esempio, le decisioni non possono essere prese dal management, ma solo dal board dei direttori che rappresentano gli Stati membri. «Qualcuno ci critica perché non facciamo di più per premere sulla Cina perché rivaluti lo yuan - spiega il direttore generale Rodrigo de Rato - ma io non posso, di mia iniziativa, neppure convocare una conferenza stampa al termine della consultazione annuale con un Paese». Dunque bisogna cambiare qualcosa. De Rato ha le sue proposte sul tappeto, per esempio su una politica degli investimenti «più attiva» per generare maggiori fondi dalle importanti riserve che il Fmi detiene.

Sarebbe poi necessario modificare il potere di voto, in maniera più rappresentativa del peso di ciascun Paese nell’economia globale. Ma il Congresso americano blocca la revisione della quota (e dei voti) della Cina, fino a quando Pechino non si muoverà verso un cambio più flessibile dello yuan.

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