Il controsenso del digiuno anti-sgombero

Sciopero della fame per far tornare «a casa» i rom sgomberati da via San Dionigi. Ultima frontiera della protesta, iniziativa di don Virginio Colmegna fondatore della Casa della Carità. Un gesto contro «la politica delle ruspe», che ha allontanato circa 160 persone dalla baraccopoli (non autorizzata) alla periferia sud, pur garantendo momentanea accoglienza a donne e bambini nei dormitori pubblici di viale Ortles. Tagliati fuori dalla solidarietà dell’assessore Mariolina Moioli, una cinquantina di maschi, tra adulti e adolescenti. Subito dopo la bonifica gli uomini si erano «arrangiati» nei prati vicini. Dalla notte scorsa dormono nell’auditorium di via Brambilla, quartier generale dei volontari che porteranno avanti la battaglia fino alla «veglia» in programma venerdì «affinché vengano trovate soluzioni nel più breve tempo possibile». Altrimenti, «dormiremo noi stessi coi rom, che da quella sera torneranno in via San Dionigi». E così gli irregolari afferrano al volo il salvagente del privato sociale. Inutile pensare a eventuali «alleggerimenti» delle presenze sul territorio. Effetto collaterale forse non previsto dal «Patto per la sicurezza» della città sottoscritto con il governo. Sostiene don Colmegna: «Non è la burocrazia che dà a un campo la patente di regolarità, ma l’esperienza umana che lì si svolge». La risposta all’articolo 4 del Patto: «Il prefetto e il sindaco si impegnano in un’azione congiunta per contenere e ridurre il numero delle occupazioni abusive di aree dismesse».
Tanto più che il vicesindaco De Corato non arretra sugli sgomberi. Lo ha ribadito dopo il tentativo di intrusione, martedì, nell’autorimessa comunale di via Messina compiuto da otto rom romeni.

Sono stati bloccati dal personale di servizio e denunciati. Quindi ha aggiunto: «A San Dionigi abbiamo agito anche su invito dell’Asl. Don Colmegna chieda piuttosto al ministro del Welfare Ferrero, come mai sui rom questo governo non ha mai messo mano al portafogli...».

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