Corti islamiche sgominate: ora legge marziale

La fine dell’anarchia comincia con lo stato d’emergenza. Almeno per tre mesi. Almeno fino a quando il presidente ad interim Abdullahi Yusuf e il governo del primo ministro Alì Mohammed Gedi non prenderanno in mano le redini della situazione somala. Per ora, in attesa che i clan decidano se rispettare l’impegno di far confluire le milizie in un esercito nazionale, l’unica autorità garantita dalla forza continua a essere quella etiope. Le truppe di Addis Abeba hanno ieri sgominato l’ultima sacca di resistenza islamica concentrata intorno al villaggio costiero di Ras Kamboni. E mentre gli ultimi rimasugli delle Corti islamiche si danno alla fuga tornano a circolare le voci di sbarchi di squadre delle forze speciali americane impegnate nella caccia ai capi di Al Qaida.
L’instaurazione dello stato d’emergenza per almeno tre mesi è stato votato dal Parlamento riunito nella città di Baidoa, sede anche del governo provvisorio somalo guidato da Alì Mohammad Gedi. Da oggi sono dunque teoricamente banditi il possesso d’armi e le dimostrazioni. Ma il mantenimento della calma sarà garantito solo dalla capacità del presidente e del governo di controllare i clan che dal 1991 impediscono la costituzione di un potere centrale. Il voto dello stato d’emergenza è arrivato subito dopo le notizie dell’entrata a Ras Kamboni delle forze somale. Questo villaggio di pescatori conosciuto da un decennio come il santuario di Al Qaida nel sud del Paese era l’ultima roccaforte delle Corti islamiche fuggite da Mogadiscio.

Buona parte dei difensori di Ras Kamboni sarebbero caduti sotto i colpi degli etiopi. «I terroristi – riferiscono fonti del governo somalo - sono o morti o fuggiti nella foresta, ma la caccia finirà solo quando li avremo totalmente eliminati».

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