«Così capiremo cosa è arte e cosa semplici scarabocchi»

Flycat: un nome, uno pseudonimo, una firma disegnata sui muri di Milano da un quattordicenne negli anni Ottanta che, con la sua bomboletta spray, si cimentava nelle prime opere d’arte da strada, nei primi graffiti hip hop. Oggi quel ragazzino ha 39 anni ed è considerato, in Italia e all’estero, uno dei maestri writers di prima generazione.
Cosa ne pensa dell’iniziativa a favore dei «writers responsabili»?
«È un’ottima idea, ma non un’idea sorprendente, nel senso che me l’aspettavo e per ben due ragioni. Da una parte perché segue esattamente il percorso fatto da altri Paesi, come Stati Uniti e Inghilterra, caratterizzato da una maggior apertura verso la street art in generale, verso i writers nello specifico. Se ora anche da noi si prende questa direzione, vuol dire che finalmente qualcosa si muove. E poi sapevo che c’era in ballo questa proposta: l’anno passato ero stato contattato dai ministri Meloni e La Russa per dare una mano, un parere da writers, diciamo».
Ottima idea. Ma perché?
«Perché anch’io sono stufo di vedere in giro case, muri, monumenti e marciapiedi imbrattati da scarabocchi, pasticci e sgorbi vari che nulla hanno a che vedere con i graffiti artistici, quelli che richiedono ore di lavoro, di ricerca, oltre che tanti strumenti, colori, tecniche. Ma che spesso vengono associati, confusi e allora saltano fuori multe e arresti solo di writers e graffitari, termini generali e negativi. Creando degli spazi reali e virtuali ad hoc, si capirà la differenza tra chi dipinge e chi dà problemi, almeno spero.

Se avessi 15 anni vivrei questa novità come una bella occasione».
Occasione?
«Certo: avere un luogo e un portale permette di creare un bel giro di conoscenze con cui scambiarsi consigli, tecniche. Io ho imparato così».

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