Così il pacifico Bersani s’è trasformato nel principe dei gufi

Caro direttore,
molti lustri orsono circolava dalle nostre parti questa storiella. Un candidato teneva in un paese del Pisano il suo comizio elettorale, arringando la folla con le solite, immancabili promesse. «Restaureremo la chiesa parrocchiale, aiuteremo tutte le famiglie disagiate, aumenteremo le pensioni, costruiremo il ponte sul fiume...». A questo punto viene interrotto da una voce: «Ma qui non c'è il fiume». E lui di rimando: «Non importa, costruiremo anche quello». Ascoltare Bersani e ritornare con la memoria a questa storiella è questione di un attimo. Il valentuomo parla di tutto e di più, ha sempre la soluzione per qualsiasi problema che si presenta e lo fa con un'aria di sufficienza e di prosopopea che lascia interdetti. Pertanto io mi chiedo: a parte la presenza in enti locali che, come è noto, sono soltanto fonti di debiti, quali esperienze in aziende o industrie può vantare questo personaggio per essere così sollecito nel pontificare? Inoltre mi chiedo: perché mai tutti questi provvedimenti che solo oggi suggerisce non li ha fatti applicare quando era nel passato governo Prodi?

Solo per restare alle ultime ore, l’ex ministro ombra (ed ex segretario ombra) Pierluigi Bersani ha detto del governo le seguenti cose: che racconta barzellette, che è composto di giocolieri, che trucca i conti, che imita Nostradamus, che è surfista (proprio così: surfista. Mah!), che propina idee che sono acqua fresca, che non è serio e che si deve chiarire le idee. Nel frattempo ha scomodato per le sue dichiarazioni: Roosevelt, De Gasperi, Moratti, i desaparecidos, la Cina e forse qualcos’altro che mi è sfuggito. Mancano Pizzaballa, Pelé, Lula, Cassius Clay e Gabriel García Marquez e poi eguaglia il Minà imitato da Fiorello. «Bersanov», come l’ha chiamato in un indimenticabile ritratto il nostro Giancarlo Perna, ha avuto una strana evoluzione: quando era al governo era pacioso e sorridente, una specie di comunista all’acqua di ciccioli, tutto salame cotto, liberalizzazioni, pisarei e fasò. Veniva voglia quasi di stringergli la mano, in mezzo a quel delirio che era il carrozzone prodiano. Toh, guarda, una persona ragionevole. Poi, appena ha perso la poltrona, s’è incarognito. È successo tutto all’improvviso. La bonomia? Dimenticata. I pisarei? Pure. È diventato una sottospecie di arpia, una cassandra, un ultrà del malaugurio sempre pronto a rilasciare dichiarazioni da zitella inacidita. E a strapparsi i capelli, se solo gliene fosse rimasto qualcuno... La sua regola è: se una cosa la facevo io era giusta, se la fa il centrodestra è sbagliata. La regola si applica anche al non fare: per esempio qualche tempo fa, quando il prezzo della benzina saliva alle stelle, accusò il governo di non fare nulla, cioè di comportarsi esattamente come si era comportato lui da ministro. Così fa ora: pare che abbia la ricetta in tasca per risolvere tutti i problemi. Perfetto. Ma perché non ne ha risolto, almeno qualcuno, quando stava nella stanza dei bottoni? Difficile sapere. Comunque siamo in grado di soddisfare la sua curiosità.

Bersani, figlio di un benzinaio, esibisce il seguente curriculum: iscrizione a un gruppo maoista, fondazione della sezione bolognese di Avanguardia operaia, iscrizione nel Pci (a 22 anni), consigliere comunale a Bettola, consigliere regionale, presidente della Regione Emilia Romagna (42 anni), onorevole, ministro ed ex ministro. Non risultano lavori effettuati con successo. Che cosa ci vuol fare, caro Luciano? Il distributore di benzina non gli è mai piaciuto. Preferisce fare il distributore di gufate.

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