Così Simenon scoprì che il crimine può far sorridere

Un detective che sembra uno studentello, belle donne, vino e avvocati gaudenti in «L'uomo nudo e altri racconti»

Daniele Abbiati

Il 1941 è un anno importante per Georges Simenon. In dicembre inizia a redigere quella sorta di autobiografia romanzata che è Pedigree. Sa di essere ciò che ormai è: una gloria letteraria di Francia. Decisamente pop e lontana dagli accademismi reali o presunti, ma comunque gloria. E se ne compiace. E poi, anzi prima, in primavera, finalmente... sorride. Drammatica e noir, la sua penna si prende ufficialmente una piacevole e «leggera» vacanza. Scritti nel '38, compaiono infatti sulla rivista Police-Roman, dal 25 aprile 1941, Le dossiers de l'Agence O, in cui le indagini sono sì poliziesche, hanno sì a che fare con delitti di sangue o di soldi, ma si colorano di tinte ironiche e giocose fino a giungere, in qualche caso, addirittura al rosa.

Accade, a esempio, nella prima storia, La jeune fille de la Rochelle, dove la jeune fille è sì coinvolta in una serie di rapine in gioielleria, ma soprattutto fa breccia nel cuore del vero capo dell'Agenzia O, quell'Émile al quale buoni e cattivi non darebbero un soldo, prima di averne assaggiato l'acume di detective. La sua forza consiste nel mascherarlo dietro un fisico allampanato da studente, dietro gli occhiali con la montatura di tartaruga, e dietro la macchina fotografica che si porta sempre appresso. Formalmente, il capo è una nostra vecchia conoscenza, Torrence, il quale non è più alle dipendenze del commissario Maigret, avendo deciso di mettersi in proprio. Per la verità quello di Torrence è un pensionamento anticipato, visto che il meglio di sé, ormai, lo dà a tavola o con in mano un generoso bicchiere di armagnac, e si limita a far da spalla al giovanotto. Il lavoro di strada, vale a dire i pedinamenti di tipi sospetti, è affidato a Barbet, un ex ladro che ha cambiato vita, sempre pronto a scattare, uscendo dall'ufficio sito nella cité Bergère, quando Émile gli dice semplicemente: «Cappello». A comporre il singolare quartetto è la dolcissima Berthe, la segretaria. Azzeccatissima fu la scelta di Marc Simenon, figlio di Georges, nell'affidarne la parte a Marlène Jobert, per la serie televisiva del 1968, insieme a Michel Robin nella parte di Barbet, Pierre Tornade in quella di Torrence e Jean-Pierre Moulin in quella di Émile.

Ebbene, il Simenon sorridente e giocoso dell'Agenzia O, che in Italia comparve parzialmente fra il '59 e il '60 nella collana dei «Capolavori dei Gialli Mondadori», torna, con alcuni inediti, presso Adelphi. Da giovedì prossimo sarà in libreria L'uomo nudo e altri racconti (pagg. 128, euro 10, traduzione di Marina Di Leo), dove troviamo proprio La jeune fille de la Rochelle, rititolato Lo spioncino di Émile (uscito nel '53 insieme al romanzo L'uomo sospetto e a un altro racconto nei «Romanzi della palma»), con Il capanno di legno e, appunto, L'uomo nudo. Se in Lo spioncino di Émile il gioco della seduzione ha quasi la meglio su quello della deduzione, in Il capanno di legno la donna al centro della vicenda è anch'essa molto bella, ma più pericolosa, un'autentica femme fatale che accusa lo stagionato marito di averle impiccato l'amante. Invece in L'uomo nudo signore e signorine hanno compiti marginali, com'è facile capire fin dalla scena iniziale, dove al Quai des Orfèvres decine di uomini di tutte le razze (Parigi era già allora multietnica...) finiti in una retata vengono sottoposti, come mamma li ha fatti, alle misure antropometriche. Ma che ci fa, in quella compagnia poco raccomandabile, il principe del foro Duboin? Non sarà per caso della stessa risma dei suoi occasionali compagni?

Anche stavolta Émile il Rosso, così detto per la capigliatura fulva, saprà venire a capo dell'enigma.

«Se in quel benedetto mestiere ci fosse almeno il tempo di riflettere sul da farsi! Ma finisce sempre allo stesso modo: all'ultimo secondo le cose prendono una piega del tutto inaspettata». Lo dice il narratore, Simenon, il quale, sfruttando le pieghe inaspettate, alza il ritmo degli eventi, regalandoci qualche sorriso altrettanto inaspettato.

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