da Città del Capo
Oltre il miracolo era il titolo di un libro in cui, cinque anni fa, il giornalista Allister Sparks si chiedeva se il capolavoro di Mandela, di guidare la transizione del Sud Africa dall'Apartheid alla democrazia senza spargimenti di sangue, senza «vendette» nei confronti dei bianchi e senza compromettere l'economia più forte del continente avrebbe resistito nel tempo. Le aspettative erano, nel complesso, positive, ma da tre mesi il vento è cambiato. La ragione principale è che Thabo Mbeki, il successore del premio Nobel alla presidenza, è stato bocciato dal Congresso dell'Anc, che raccoglie il 70% dei consensi della popolazione nera, da Jacob Zuma, il vice che egli aveva destituito per corruzione due anni or sono e che adesso si è preso una clamorosa rivincita.
Con lelezione a presidente del partito, Zuma, 65 anni, etnia zulu, istruzione elementare, un passato di valoroso combattente e un lungo periodo di prigionia condiviso con Mandela, si è praticamente assicurato la elezione a capo dello Stato quando l'anno venturo scadrà il secondo mandato di Mbeki (a fermarlo potrebbe ormai essere solo la magistratura, che sta istruendo un nuovo procedimento contro di lui). Il problema è che, per vincere, egli ha dovuto appoggiarsi a una coalizione di giovani scontenti, sindacalisti rampanti e comunisti nostalgici, che ha rinnegato la politica liberista seguita fin qui dal governo e chiede una diversa distribuzione della ricchezza, con maggiori risorse per il proletariato nero, ipotesi di nazionalizzazioni ed eventuali espropri delle terre dei bianchi.
Lo stesso Zuma ha cercato in tutti i modi di rassicurare l'establishment economico, ma il timore è che, una volta arrivato al potere, egli sia costretto a pagare il suo debito ai radicali che ve lo hanno portato; e subito la borsa di Johannesburg ha cominciato a perdere colpi, il rand a indebolirsi e molti bianchi a riprendere in considerazione l'espatrio. Anche lincidente di Bloemfontein può essere considerato un sintomo di questo malessere.
Come se non bastasse, in seguito al Congresso di Polokwane si è scatenata nell'Anc una furibonda lotta interna, con Zuma che ha subito avviato l'epurazione degli uomini di Mbeki e quest'ultimo che, pur di salvare il suo fedelissimo (e corrottissimo) capo della polizia Selebi, ha smantellato la Procura anticorruzione che, negli ultimi anni, aveva in qualche modo limitato le ruberie della nuova classe dirigente. Il complesso intreccio di faide ha naturalmente l'effetto di scoperchiare molti altri altarini, tanto che ora lo stesso presidente è sospettato di avere lucrato su un acquisto di armi per sei miliardi di euro che doveva garantire al Sud Africa il ruolo di superpotenza del continente, ma che si è risolto in un grande spreco di risorse non privo di aspetti grotteschi: due dei tre sottomarini acquistati, per esempio, non hanno mai potuto prendere il mare per mancanza del personale necessario.
Zuma ha ragione nel sostenere che il bilancio dei sette anni di Mbeki è tutt'altro che esaltante: se la sua politica di «Black empowerment», che riserva ai neri buona parte dei posti dirigenti sia nel settore pubblico, sia in quello privato, ha fatto nascere una borghesia xhosa e zulu che ormai viaggia in Mercedes e si è trasferita nei quartieri un tempo riservati ai bianchi, la condizione delle masse non è molto migliorata dai tempi dell'Apartheid, la disoccupazione si aggira sul 30% e il malcontento popolare è in crescita.
La sua stravagante idea, condivisa dalla sua ex amante e a lungo ministro della Sanità Tshabalala Msimang, che l'Aids non sia provocato da un virus e debba essere curato non con le medicine occidentali, ma con le erbe, ha favorito per anni la diffusione della malattia che ora minaccia una intera generazione. La sua supponenza e incapacità di comunicare con la gente hanno fatto il resto, tanto che saranno pochi a rimpiangerlo. Purtroppo, a parte la sua posizione molto più realistica sull'Aids, i rimedi suggeriti da Zuma potrebbero risultare peggiori del male. Pretendere per i suoi «descamisados» una fetta più consistente della torta proprio nel momento in cui l'economia rallenta e spaventare gli investitori stranieri rischia di compromettere equilibri fin qui faticosamente mantenuti, e di accentuare la carenza di tecnici che sta diventando uno dei grandi problemi del Paese: basti dire che, per cercare di rimediare ai continui blackout l'Ente elettrico ha cercato di richiamare in servizio ingegneri bianchi ultraottantenni.
Gli interrogativi sul futuro del «miracolo Mandela» perciò si accumulano e bianchi, indiani e «colorati» (i meticci) che si erano in pratica rassegnati a essere governati dalla maggioranza nera sotto le bandiere dell'Anc, cominciano a reagire; e hanno trovato in una combattiva signora di origine tedesca, di nome Helen Zille, un inaspettato alfiere.
(1-continua)
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