«Costa troppo, non è una priorità»

da Roma

«Avevamo messo a punto un provvedimento analogo ma poi ci siamo fermati perché costava uno sproposito: circa 200 milioni di euro e allora abbiamo deciso che le priorità erano altre».
L’azzurra Stefania Prestigiacomo non mette in discussione la bontà del disegno di legge sul doppio cognome appena approvato dalla Commissione Giustizia del Senato. In particolare apprezza l’eliminazione della distinzione tra figli naturali e legittimi che costituiva, dice, «una disparità odiosa» soprattutto in materia di eredità. Dunque si dice pronta a votarlo subito. «Auspico che anche all’interno di Forza Italia si trovi una condivisione - dice la Prestigiacomo -. Se il centrosinistra fa qualcosa di buono perché non dobbiamo votarlo? Apprezzo la dichiarazione di Gianfranco Fini e ricordo che quando eravamo al governo pure il nostro leader, Silvio Berlusconi, non aveva manifestato un parere contrario». Il punto però è un altro, osserva la Prestigiacomo. «Avevamo chiesto un parere al Tesoro che aveva fatto un calcolo approssimativo, tenendo conto del necessario adeguamento del sistema ora adottato dall’anagrafe: totale 207,208 milioni di euro - ricorda l’ex ministro per le Pari Opportunità -. Abbiamo pensato che era meglio spendere quei soldi per altre esigenze della famiglia: gli anziani o i nidi per le madri lavoratrici». E infatti la Prestigiacomo non capisce come mai nel provvedimento approvato ieri «non ci sia traccia di tale costo e della conseguente copertura».
Sull’emendamento della Bindi respinto dal Senato la Prestigiacomo osserva che «il testo governativo imponeva il doppio cognome ma con quello maschile sempre prima». E siccome «il cognome che si tramanda, per ovvie ragioni, è uno, il primo», secondo l’azzurra «nella ipotesi Bindi sarebbe stato sempre il cognome paterno ad essere trasmesso» mentre con il testo della commissione «diventa possibile la trasmissione del cognome materno».
Anche Antonino Caruso, capogruppo di Alleanza Nazionale in Commissione Giustizia, ritiene non si possa accantonare l’aspetto della copertura finanziaria.

Caruso trova «singolare la modalità di lavoro imposta dal governo e dalla maggioranza per cui i principi che riguardano diritti fondamentali delle persone come quello all'identità sono stati trattati in maniera del tutto superficiale con il paradosso dell'accantonamento di questioni fondamentali per la necessità di concludere ad ogni costo e per l'incapacità di trovare adeguate soluzioni».

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