Costi troppo salati per l’acqua dolce in 38 comuni laziali

Omar Sherif H. Rida

Acqua laziale più cara? «No grazie». Almeno secondo il Tar, Adiconsum e Cittadinanza Attiva, oltre al gruppo regionale della Dc, il cui capogruppo Fabio Desideri annuncia la presentazione di un’interrogazione urgente sulla vicenda. Il riferimento è per la sentenza n. 406 dello scorso 24 giugno, con cui il Tar del Lazio ha bocciato l’aumento delle tariffe dell’acqua in 38 comuni della regione appartenenti all’«Ambito territoriale ottimale 4». Un incremento stabilito dalla società che gestisce il servizio idrico integrato nella zona, la Acqualatina spa (nata quattro anni fa con capitale misto, 51 per cento pubblico detenuto dai comuni dell’Ato, e 49 per cento privato), e che interessa tutta la provincia di Latina (tranne Campodimele), quattro comuni del Frusinate (Amaseno, Giuliano di Roma, Vallecorsa e Villa S. Stefano) e due della provincia di Roma (Anzio e Nettuno): un totale di oltre 580mila cittadini.
La sentenza del Tar ha accolto il ricorso presentato nel 2005 dall’Adiconsum contro la delibera di aumento di Acqualatina e contro Federutility (Federazione italiana delle imprese energetiche e idriche), obbligando il Consorzio idrico della provincia pontina a restituire, per il solo 2004, più di 8 milioni di euro. Una decisione, quella del Tribunale amministrativo, motivata con l’uso illegittimo fatto da Acqualatina della cosiddetta «quota fissa» nelle bollette dello scorso anno per risanare una perdita di bilancio.
«Al centro della questione - commenta Fabio Desideri - c’è il cambiamento del sistema di calcolo dei consumi di acqua domestica e il conseguente, gravoso, troppo per una famiglia media, aumento delle bollette scattato a fine 2002». All’inizio di luglio anche il tribunale di Latina, in seguito all’ennesimo ricorso presentato da «Cittadinanza Attiva» su una parte del regolamento di gestione del servizio idrico erogato da Acqualatina, aveva definito «vessatorie» alcune clausole contrattuali. «Oltre al regolamento - sottolinea Alessandra Coppola della segreteria del Codici («Centro per i diritti del cittadino») - si devono rivedere molte cose nei rapporti tra consumatori e la Acqualatina, che devono essere trattate tutte insieme e non cercando accordi a spezzoni con i vari interlocutori di turno. Per questo chiediamo l’apertura di un tavolo di confronto tra la società, i sindaci e le associazioni di consumatori».
Già nell’aprile scorso il caso Acqualatina era stato al centro, per ironia della sorte, della trasmissione televisiva «Mi manda Raitre» (prima condotta dall’attuale presidente della Regione, Piero Marrazzo), che in una puntata dedicata alla privatizzazione del servizio idrico integrato, aveva confrontato i costi dell’acqua per i cittadini di Aprilia e Santa Margherita Ligure. Un confronto dall’esito inquietante: nel comune pontino, per un consumo di 645 metri quadri di acqua nel secondo semestre 2005, la cifra da versare ad Acqualatina è stata di ben 1445 euro contro i 448 che avrebbe riscosso il comune di Aprilia se fosse stato titolare del servizio, e i 1334 euro di Idrotigullio (l’equivalente ligure di Acqualatina). Acqua dolce ma a prezzi salatissimi quindi per 580mila laziali, tanto da condurre alla costituzione di un «Comitato di lotta spontaneo contro Acqualatina» ed a iniziative come l’occupazione degli uffici della società e il boicottaggio del pagamento delle bollette.
«Alla luce di tutto ciò - ha aggiunto Desideri - credo che la situazione meriti una particolare attenzione. I cittadini che, dal 2002, hanno visto aumentare le bollette dell’acqua, vanno tutelati.

Per questo il gruppo regionale Dc, assieme ai rappresentanti locali del partito nei vari comuni, in particolare quelli di Anzio e Nettuno, sta valutando una serie di iniziative da mettere in campo a loro difesa». La prima delle quali sarà appunto l’interrogazione in Consiglio regionale.

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