da Roma
Partiti della sinistra radicale «liberi dai vincoli» di maggioranza. E Cgil che dichiara chiusa la stagione del dialogo con il governo, iniziata quando Romano Prodi era ancora solo un candidato alla presidenza e Guglielmo Epifani già gli propose un «patto di legislatura». Infine un sofferto mezzo via libera da parte di Confindustria e tanti no dal terziario. Il protocollo dintesa tra governo e parti sociali su pensioni, welfare e lavoro, inemendabile secondo le intenzioni del governo, subisce attacchi sempre più pesanti.
E si fa strada lidea che il principale sindacato e la principale organizzazione datoriale possano firmarne solo alcune parti. Che Confindustria stesse valutando questa possibilità (sì alle misure sugli straordinari, no a quella sulle pensioni) era noto. Ma ieri al direttivo straordinario di Viale dellAstronomia lipotesi di una sottoscrizione a metà si è fatta strada quando il presidente Luca Cordero di Montezemolo si è trovato di fronte alla richiesta di non firmare niente proveniente da nomi pesanti della confederazione. Alcuni più o meno attesi, come quello del presidente di Federchimica Giorgio Squinzi, la presidente di Assolombarda Diana Bracco e Guidalberto Guidi, presidente di Ancma. Altri un po a sorpresa come la vicepresidente Emma Marcegaglia. Tesi sostenuta citando un precedente, quello della riforma Dini che non fu sottoscritta dagli industriali. Alla fine, allunanimità, il direttivo ha espresso un giudizio positivo sulle parti che riguardano il capitolo Lavoro e «forte preoccupazione» sul superamento della riforma Maroni. Per il resto si sospende il giudizio in attesa di «valutare con il governo il modo in cui firmare».
Anche la posizione della Cgil è un mezzo sì. Ma le motivazioni sono opposte. Nellattesa lettera che Epifani ieri ha inviato a Prodi si ribadisce lapprezzamento per il protocollo sul welfare messo a punto dal governo e la contrarietà alla detassazione degli straordinari e alla revisione del mercato del lavoro. E si chiede esplicitamente al presidente del Consiglio se ritenga che sia possibile firmare solo una parte del testo o se «vada sottoscritto per intero. Si tratta ovviamente - sottolinea il segretario generale della Cgil - di due scelte non uguali».
Chi dirà sicuramente no è Confartigianato, il cui presidente Giorgio Guerrini ha comunicato che «non ci sono le condizioni» per la sigla. Sulla via del rifiuto anche Confcommercio. E anche tra gli artigiani della Cna e in Confesercenti sta prevalendo la linea del rifiuto.
Situazione difficile per il governo, già impegnato a difendere il merito dellintesa dagli attacchi della sinistra radicale. Ieri il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha ribadito che il protocollo «non può subire modifiche. A meno che questo non sia convenuto con le parti». Tesi contrastata dai partiti della «Cosa rossa», anche ieri unitissimi nel no allintesa. Il ministro e leader di Sinistra democratica Fabio Mussi ha fatto sapere di non sentirsi vincolato, perché al Consiglio dei ministri si è parlato di pensioni, ma non di lavoro.
Ogni decisione «fa esplodere contraddizioni profonde nella maggioranza», ha osservato Maurizio Sacconi di Forza Italia che, per quanto riguarda il nodo-firme, ha aggiunto: «Mai visto un protocollo siglato a pezzi. O se ne condivide la filosofia dinsieme o non si firma». E, per quanto riguarda gli industriali, «sarebbe ridicolo che per la buona lenticchia degli straordinari si dovesse trangugiare il piatto di rospi delle pensioni».
I nodi restano comunque politici. E anche dal segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano arriva lannuncio che il partito sarà «libero da vincoli» quando laccordo approderà in Parlamento. Con Prodi - tira le somme il capogruppo del Prc alla Camera Gennaro Migliore - «cè un problema di trasparenza».
Un divorzio che fa il paio con la presa di distanze della Cgil, ufficializzata ieri da Epifani in unintervista a Repubblica nella quale ha imputato a Prodi «uno sgarbo» al quale Corso dItalia risponderà con un confronto autunnale «forte e serrato».
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