Sulle nomine pubbliche si è discusso di tutto e di tutti. Per carità, è il sale della democrazia, ma un po' di buona fede, rispetto e coerenza non guasterebbero. Si critica per faziosità, per irresponsabilità politica e con una disinvoltura che dovrebbe fare arrossire chiunque.
Con sommo sprezzo del ridicolo, sugli avvicendamenti ai vertici dell'Eni e dell'Enel sembrava che si fosse toccato il massimo. Da un giorno all'altro, per esempio, Paolo Scaroni che passava dal timone del gruppo elettrico (affidato a Fulvio Conti, numero due di quest'ultimo) alla guida del cane a sei zampe, sostituendo l'eccellente Vittorio Mincato, non era più, come in effetti è, il manager forse più prestigioso sulla piazza. I «sì, ma...» di colpo si sprecavano. Insomma, allimprovviso, ai critici per partito preso Scaroni non è più sembrato Scaroni.
Ci può essere qualcosa di più ridicolo? Evidentemente sì, se passiamo alle nomine, nell'ordine, del nuovo (...)
(...) Direttore generale del Tesoro e del nuovo Ragioniere generale dello Stato. Al primo posto, cioè a quello che era stato di Mario Draghi e poi, ultimamente ad interim, dell'attuale ministro dell'Economia Domenico Siniscalco, è andato Vittorio Grilli (già Ragioniere generale dal 2002, scelto da Tremonti). Tutti professori prestigiosi prestati al servizio pubblico, eccellenti «tecnici» esterni di grande spessore, esperienza finanziaria e bancaria, conoscenza internazionale. Al posto di Grilli, cioè come Ragioniere generale dello Stato, è stato nominato Paolo Canzio. Si torna alla tradizione iniziata nel 1870 con Giovanni Battista Picello: si tratta di un interno, Ispettore generale agli Affari economici, una vita alla Ragioneria, un «bilancista» del quale si conosce «il profilo tecnico e professionale, non gli orientamenti politici» (ma guarda un po'). Comunque un uomo della scuola, diciamo così, del non dimenticato Monorchio e del mitico Milazzo, quando le risorse si reperivano ancora «nelle pieghe del Bilancio». Apriti cielo! Intanto la nuova posizione di Vittorio Grilli - non so se mi spiego: Direttore generale del Tesoro - viene definita delicatamente, in termini un po' blasé all'americana, «più junior» e cioè, con finezza, meno importante, meno di peso o di seconda fila rispetto a quella di Canzio che pure, nella sua autonoma responsabilità, è sottoposto a Grilli.
Quanto a Mario Canzio, il suo maggior limite sembrerebbe la scarsa visibilità mediatica di un tecnico indipendente e non politicizzato, insomma quello di non essere per fortuna troppo noto a giornalisti e parlamentari nei non infrequenti assalti alla diligenza del Bilancio. Con delicata supponenza accademica viene definito, soltanto, «persona molto modesta». A proposito di «bollini rossi», vale a dire dei visti che la Ragioneria può e deve negare alle leggi prive di copertura finanziaria, si arriva a scrivere che egli non ha «né l'esperienza né la credibilità» del professor Grilli (già gratificato per conto suo con quell'impagabile «junior»). Si supera poi ogni limite, mancando di rispetto a un Capo dello Stato come Carlo Azeglio Ciampi con l'aggiunta - per non saper né leggere né scrivere - che il nuovo Ragioniere generale dello Stato (una vita professionale in Ragioneria ecc. ecc., definito però «tecnico outsider»!) «non ha neppure quel rapporto diretto con la presidenza della Repubblica che rendeva Grilli particolarmente temibile».
Sarebbe il colmo, ma lo è soltanto per la furia di ragioni politiche e magari corporative non abbastanza sorvegliate. Sono quelle, pretestuose, che fanno esprimere all'opposizione un'irresponsabile «gravissima preoccupazione» e temerari «dubbi sull'indipendenza e l'eccellenza professionale della Ragioneria dello Stato»; oppure che, al di là della «stima per Grilli», motivano critiche sul momento scelto per il cambio, «quanto mai rischioso e inopportuno».
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