Cronache

La crociata di una genovese contro la sporcizia in strada

Domenica 9 aprile, ore 11.30, mi stavo recando in corso Firenze a votare, quando in via Caffaro vedo un marocchino indaffarato nel tirare fuori i sacchetti dell'immondizia dai contenitori dei rifiuti.
Mi fermo dall’altra parte del marciapiede per vedere fino a quando sarebbe andata avanti la faccenda e guardo il marocchino per circa cinque minuti di seguito, sperando che la mia presenza in qualche modo lo faccia sentire in imbarazzo per il suo operato.
Niente da fare, quello continua imperterrito a tirare fuori immondizia spargendola per tutto il marciapiede come se io non esistessi.
Allora, decido di attraversare la strada e fargli notare quello che sta facendo,e gli dico: «Spero intenderà rimetterli dentro quando avrà trovato quello che cerca?».
Risposta: «Vai, vai...», senza guardarmi.
«Io non vado da nessuna parte, non mi sposto da qui, finchè lei non rimette tutto a posto, cercando di avere rispetto per il suolo pubblico».
Alza la voce: «Razzista» mi urla, continuando a buttare fuori con più foga di prima sacchetti, cartacce, valigie rotte e quant'altro si trovava dentro ai silos, «io non fare niente, era già tutto così».
«Bella faccia tosta la sua - controbatto - qui il razzismo non c'entra per niente, lei è un maiale e basta»
«Maiala sei tu» mi risponde sputando per terra.
Dopo questo decido di non continuare a fare il Don Chisciotte, discutere con un elemento del genere non ha senso, è una partita persa in partenza, e può anche rivelarsi pericoloso.
Certo, chiamare la Polizia Municipale sarebbe stata la cosa più giusta, ma nel tempo che fossero arrivati sul posto, il marocchino in questione sarebbe già stato a procurare quello scempio da un'altra parte e le prove a suo carico erano poco dimostrabili.
Sconfitta, riprendo la mia strada col pensiero, anzi, con la certezza che purtroppo, oramai, siamo in balia di ospiti di questo tipo, che vivono nelle nostre città facendola da padroni, non avendo rispetto di niente e di nessuno, neanche di se stessi.


Povera Genova, povera Italia, povera Europa, e poveri i dipendenti Amiu che la mattina dopo si sono trovati un lavoro supplementare per il comodo di un incivile.

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