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Taxi e Ncc, la Consulta: "Il blocco delle licenze lede il diritto dei cittadini"

Per i giudici la norma censurata ha causato, in modo sproporzionato, "un grave pregiudizio all’interesse della cittadinanza e dell’intera collettività"

Taxi e Ncc, la Consulta: "Il blocco delle licenze lede il diritto dei cittadini"
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Per la Consulta è incostituzionale il divieto di rilasciare nuove autorizzazioni per il servizio di Ncc (noleggio con conducente). Secondo i giudici, il divieto per il servizio sino alla piena operatività del registro informatico nazionale delle imprese titolari di licenza taxi e di autorizzazione Ncc ha consentito, per oltre cinque anni,"all’autorità amministrativa di alzare una barriera all’ingresso dei nuovi operatori", compromettendo gravemente "la possibilità di incrementare la già carente offerta degli autoservizi pubblici non di linea".

La sentenza della Corte Costituzionale ha evidenziato che la recente adozione del decreto n. 203 del 2024 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha alcuna incidenza sul presente giudizio, considerando che le censure sono state prospettate sulla disposizione legislativa in ragione della sua "struttura", a prescindere dalle evenienze"di fatto" e dalle "circostanze contingenti" attinenti alla sua concreta applicazione. Da qui, accoglienod le questioni che aveva sollevato davanti a sè, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 10-bis, comma 6, del decreto-legge n. 135 del 2018.

Come rimarcato dai giudici, è proprio la configurazione della disposizione censurata ad aver consentito di bloccare l'ingresso dei nuovi operatori nel mercato del Ncc semplicemente rinviando, "con il succedersi dei decreti (ovvero con la loro emanazione e la loro successiva sospensione), la piena operatività del registro informatico", come del resto ha dimostrato la vicenda storica. Per la Consulta è rimasta inascoltata la preoccupazione dell'AGCM sui bisogni di mobilità della popolazione, in particolare sulla domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane. La norma censurata ha dunque causato, in modo sproporzionato,"un grave pregiudizio all’interesse della cittadinanza e dell’intera collettività".

Come precisato nella sentenza odierna, i servizi di autotrasporto non di linea contribuiscono alla libertà di circolazione, condizione per l'esercizio di altri diritti, per cui la forte carenza dell’offerta generata dal potere conformativo pubblico ha indebitamente

compromesso "non solo il benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all’effettività nel godimento di alcuni diritti costituzionali, oltre che all’interesse allo sviluppo economico del Paese".

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