Cronache

Ecco l'outlet della droga gestito dagli immigrati​

Viaggio nel quartiere "rosso" di Bologna dove gli stranieri sono padroni dello spaccio. Così abbiamo documentato le compravendite

Ecco l'outlet della droga gestito dagli immigrati​

Il lettore non è sciocco, e nemmeno noi. Lo spaccio di droga esiste, è una legge di mercato: se ci sono gli acquirenti, ci sarà anche qualcuno disposto a venderla. Quello che non è, non dovrebbe essere normale è la rassegnazione di chi si trova costretto a sopportare un outlet della droga a cielo aperto.

La nostra trattativa con lo spacciatore inizia con una domanda diretta: "Hai la cocaina?". Banale, ma efficace. Sicuramente troppo efficace, se si pensa che siamo a dieci minuti a piedi dal centro di Bologna.

Il pusher se ne sta appoggiato con le spalle al muro al mercatino di via Albani. È un ragazzo africano. Nel quartiere Navile, infatti, il traffico di droga è gestito dagli immigrati. “Cosa vuoi?”, ci chiede. “Hai la cocaina?”, ribadiamo. “Ce n’è”. Noi non abbiamo mai visto lui, e lui non ha mai visto noi. Non si fida. Ci chiede di mostrargli il portafoglio, per assicurarsi di non avere di fronte uno “sbirro”. Poi ci invita a seguirlo. (guarda il video)

Sono appena passate le 3 del pomeriggio. A Bologna piove. Il mercato è poco attivo, ma il quartiere inizia ad animarsi. La musica non cambierà per tutto il pomeriggio, fino a notte fonda. Lo spaccio non conosce pause. È un ritornello. Il pusher chiama un complice incaricato di portarci la dose. Ci guida lungo un cortile di case popolari. “La droga – raccontano i residenti – la nascondono ovunque: sotto le macchine, nelle saracinesche, tra la corteccia degli alberi”. Dopo averci fatto nascondere dietro un’auto, va a ritirare la dose da un “collega”. Si prende i 40 euro e ci infila in tasca la pallina di cocaina.

Tutto troppo facile. “Vuoi il mio numero di telefono? - ci chiede - Mi trovi a tutte le ore. Bastano 20 minuti e te ne procuro quanta ne vuoi”. Si chiama David e vive nella piazzetta che indica come futuro luogo d’incontro. “Non parlare con altri ragazzi - ci intima - cerca solo me”. Il mercato, in fondo, chiede di fidelizzare il cliente.

La "Bolognina" è il simbolo del modello di integrazione dell'amministrazione Pd. Qui si concentrano gran parte dei cittadini stranieri. Famoso per la storica svolta politica che trasformò il Pci nei Ds, il rione dalla profonda fede “rossa” vanta decenni di voti finiti fedelmente nell’urna sinistra. Ma ora i residenti sono costretti a convivere con un supermarket degli stupefacenti.

Il giorno successivo chiamiamo al cellulare David, fissando un nuovo appuntamento. Alle 21.30 dovrebbe aver luogo la nuova transazione. David lo Spacciatore non sa che vorremmo farlo arrestare. Non sa che dopo aver riattaccato la cornetta siamo andati alla più vicina stazione della polizia municipale, a 50 metri da un mercato abbandonato usato dai tossicodipendenti per iniettarsi l’eroina nelle vene. E nemmeno lui poteva immaginare che avrebbero risposto: “Ora non siamo aperti al pubblico: si rivolga alla polizia o ai carabinieri”.

Così, sulla strada che porta alla polizia ferroviaria denunciamo il tutto ad un vigile. “Di fronte a quello che mi fa vedere - dice l'agente - non posso non far finta di nulla”. Far finta di niente? "Si, è meglio se chiama il 113. Un arresto di questo tipo non s'improvvisa”. David lo Spacciatore non lo sa, ma al telefono i carabinieri ci dicono che il suo caso “non è una emergenza tale da poter inviare una macchina”. E che per realizzare l’arresto dovremmo rivolgerci ad un'altra caserma e ricominciare tutto d'accapo.

Nel frattempo, però, l’appuntamento serale salta. I carabinieri, qualche ora dopo, ci hanno richiamato dicendosi pronti ad arrestarlo. Ma è troppo tardi.

David, domani, potrà tornare a vendere droga.

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