Cronache

Cara di Mineo, affiliati alla mafia nigeriana volevano fuggire in Germania

I Pm hanno motivato il fermo per il concreto pericolo di fuga verso la Francia e la Germania di alcuni degli affiliati all’associazione criminale che operava all’interno della struttura di accoglienza

Cara di Mineo, affiliati alla mafia nigeriana volevano fuggire in Germania

La rete mafiosa nigeriana che aveva stabilito una vera e propria base operativa al Cara di Mineo progettava di scappare dall’Italia.

Il piano prevedeva dapprima la fuga verso Napoli, poi il superamento del confine con la Francia ed infine, da lì, il raggiungimento della Germania. Dinanzi al reale e concreto pericolo di un allontanamento dei responsabili, Michela Maresca e Andrea Bonomo, pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia, hanno disposto l’arresto dei 19 nigeriani coinvolti, a vario titolo, nei loschi giri della associazione. Una vera e propria cellula criminale, che si occupava di gestire il traffico e la distribuzione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, e per accedere alla quale erano previsti dei rituali di affiliazione violenti e sanguinari.

Nel provvedimento, con espressioni riportate da “CataniaToday”, i Pm parlano di due “importanti membri dell’organizzazione” pronti a lasciare il Cara di Mineo per trovare rifugio in uno stato estero, “verosimilmente la Francia”. Si tratta di Courage Omogbia (detto Courage Victor) e di Michale Okova (noto come Kobo), risultati tra i responsabili di una violenta rissa nel Cara di Mineo nonché indagati perché ritenuti invischiati in loschi affari all’interno della struttura.

Queste informazioni sono potute giungere fino alle orecchie degli investigatori della questura di Catania grazie ad alcune intercettazioni telefoniche, quelle tra Emmanuel Monday (Ozed) e William Hugba (Unoma).

In una di queste il primo rivela a Unoma di aver contattato Kobo attraverso un altro nigeriano, noto come “Abo”. Kobo si diceva in procinto di lasciare l’Italia in compagnia di altri due connazionali. Nella medesima comunicazione, come riportato nel provvedimento dei Pm, “emergeva inoltre che Okova e Omogbia, avevano raggiunto Napoli con altri soggetti e che erano in attesa di partire.

Ozed riferisce ad Unoma parte del contenuto di quella chiamata. “Loro sono per strada, durante la conversazione si sentiva che loro erano sul pullman. Sono partiti tutti assieme, anzi Kobo mi ha raccontato parecchie cose dicendomi anche che a Mineo non è un campo dove noi dobbiamo rimanere. Lui mi ha raccontato parecchie cose ed io gli ho detto che lui ha la sua vita e deve gestirsela come vuole. Sicuramente andranno in Francia.

Lo stesso Ozed manifesta la propria intenzione di fuggire in Germania, dove poteva far conto su un appoggio. “A fine mese anche io andrò via, voglio andarmene in Germania. Si sta bene e ci sono tutti i miei amici. Per il pericolo di fuga più che concreto, è dunque arrivata la sentenza. “Esiste la ragionevole probabilità che gli stessi indagati, temendo provvedimenti restrittivi ove non si intervenisse immediatamente farebbero certamente perdere le proprie tracce.

Peraltro trattandosi di soggetti organicamente inseriti, anche con ruoli di rilievo, in una associazione internazionale di tipo mafioso con rilevanti mezzi, certamente possono godere del necessario supporto logistico in vari Stati per rendersi irreperibili”.

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