Non potrà essere rimpatriato. Un pakistano che si è visto rifiutare la domanda di asilo, dopo l'impugnazione del provvedimento potrà restare ancora in Italia. Di fatto dietro questa storia che si è consumata al tribunale di Lecce potrebbe nascondersi un precedente giuridico che può avere conseguenze anche sulla gestione dei flussi migratori. Ma facciamo chiarezza. Il pakistano in questione aveva dovuto rinunciare all'asilo perché secondo il Tribunale di Lecce non c'erano seri rischi per la sua vita nel Paese d'origine, il Pakistan.
Questo verdetto è stato però completamente ribaltato dalla Cassazione. Infatti secondo la Suprema Corte, i giudici non possono verificare i rischi che corre il richiedente asilo tenendo conto di generiche "fonti internazionali" che attestano l'assenza di conflitti nel Paese di origine. La Cassazione bacchetta il Tribunale che avrebbe dovuto ottenere "informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente asilo".
Da qui l'esortazione ai giudici: "Il giudice è tenuto a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l'esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate".
Adesso il caso del pakistano dovrà essere nuovamente esaminato. Ma il verdetto della Cassazione rischia di cambiare totalmente volto alle procedure per il riconoscimento delle richieste di asilo. E rischia (inoltre) di spalancare le porte ad una valanga di ricorsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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