Che noia gli intellettuali per cui tutto è fascismo

M a quanto saranno intellettuali, i cosiddetti intellettuali, tanto da continuare a ripetere lo stesso refrain sull'antifascismo da decenni? E sempre in coincidenza delle elezioni politiche, soprattutto quando il centrodestra è dato per vincente. Quando già all'epoca di Vittorini e Pavese e Pasolini (...)

(...) e Moravia della retorica antifascista non se ne poteva più, unico grande fuori dal coro Alberto Arbasino, al quale però Pasolini scriveva: «Fascista! Fascista!» solo perché contestava ai rivoluzionari di sinistra di essere dei totalitari.

In tempi recenti ci si mise anche Umberto Eco, creando la categoria dell'Ur-fascismo che significa «fascismo eterno», in modo da sdoganare chi lancia continuamente l'allarme di fascismo. Così in questi giorni, per essere attuale, la rivista Doppiozero (nome indicativo dello spessore del dibattito) pone «ad alcuni intellettuali» delle domande sul fascismo attuale. C'è Nicola Lagioia, il quale deve aver letto Umberto Eco, e risponde: «Il rispetto della persona umana, la sua sacralità, che può essere anche un principio religioso certamente un principio cristiano è il vero canone dell'antifascismo. L'antifascismo è dunque prepolitico». Davvero? E perché, per gli stessi principi, non è un vero canone dell'anticomunismo? E poi prepolitico cosa significa? Perfino Giulio Cesare faceva politica, bisogna risalire all'uomo delle caverne per trovare il vero fascismo? Mentre Alessandra Sarchi, altra intellettuale (mah), dice: «Essere antifascisti vuol dire pensarsi come cittadini di uno Stato che lo è a sua volta». Uno Stato tutt'uno con il cittadino, proprio quello che vorrebbe un fascista. Un bel colpo di genio viene al critico Andrea Cortellessa, sentite qui: «Oggi sono ravvisabili comportamenti elementi fascisti nelle dinamiche microsociali e nelle pratiche linguistiche, nonché nella struttura economica, di molti social network. Non è un caso che Facebook, anzi Faschbook, si chiami così». Facebook si chiama così perché è fascista? Bisogna dirlo a Zuckerberg, lui credeva che face significasse faccia. E questo sarebbe il critico letterario. C'è poi l'intellettuale Andrea Inglese che a differenza dell'intellettuale Lagioia non ha letto l'intellettuale Umberto Eco ma cita un'analisi profondissima dell'intellettuale Franco Berardi Bifo (non credevo che qualcuno citasse ancora Bifo, a quel punto meglio Toni Negri): «Il fascismo storico è stato modernista e tradizionalista insieme, progressivo e reazionario, al punto che avanzo l'ipotesi che il fascismo sia proprio un effetto dell'ansia identitaria che si manifesta in soggetti incapaci di identificarsi discorsivamente». Allora è fascista anche un groupie dei Baustelle. Per chi non conoscesse Bifo (non è obbligatorio conoscerlo, anzi) era uno dei sostenitori dei Black bloc, uno di quelli che gioiva quando nel 2001 i manifestanti violenti del G8 di Genova circondavano i carabinieri per picchiarli e spaccargli la testa con gli estintori. È, in altre parole, un comunista.

D'altra parte, di cosa volete parlare? La Seconda guerra mondiale ha avuto inizio con il patto Molotov-Ribbentrop, alleanza tra nazisti e comunisti, ed è finita con il Partito comunista fedele a Stalin dentro il nostro Parlamento.

Neppure i partigiani ci fanno una bella figura, visto che prima dell'Operazione Barbarossa non c'è una sola azione antifascista da parte dei compagni (stavano con Stalin, alleato di Hitler). Il fascismo è caduto il 25 luglio del 1943, il problema è che sono rimasti gli antifascisti militanti, ossia i comunisti, e gli «intellettuali», insomma quella roba che chiamiamo così.

Massimiliano Parente

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