Coronavirus

Quel "per" che salva la vita

Andiamo verso il secondo anno di covid e non c’è tregua, fra vaccini e varianti. Peggio dell’incertezza, però, è il disfattismo tipico dell’“ignoranza”

Quel "per" che salva la vita

Carissimi giovani,

avvicinandosi la fine dell’anno, sentirete sulla pelle l’incertezza dei tempi… Andiamo verso il secondo anno di covid e non c’è tregua, fra vaccini e varianti. Peggio dell’incertezza, però, è il disfattismo tipico dell’“ignoranza”. Nel senso etimologico più stretto, ignoranza significa “non conoscere”, ma può intendersi anche come “non voler” neanche sapere, scavare nella notizia. Il “Sàpere Aude” kantiano e la comunicazione flash non vanno proprio d’accordo.

I quattro amici al bar, quando propinano la perla preziosa del giorno, hanno una piazza virtuale che genera 4mln di amici al bar. Ma restano al bar, con i relativi contenuti. “Confusione”, “Superficialità” e “Disfattismo” sono mali mortali peggio del covid. Anche nel campo degli esperti - fatte salve la buona fede e l’onestà professionale - la pletora di virologi che consumano ore in tv per dissertare sulle varianti covid e sui tempi e qualità dei vaccini rischiano di confondere proprio voi giovani che potreste smarrirvi, come tutti i cittadini del resto, dietro complottismi e incapacità istituzionale, vera o presunta.

Temo la confusione come un male oscuro e non solo per deformazione professionale, abituata a quadrare i bilanci, ma perché nella confusione alimentata dall’ignoranza agiscono i dittatori. Certamente non è più il tempo di una dittatura con il carro armato: ora il rischio è la dittatura di una minoranza che non sa, non fa, eppure guida le sorti di un popolo. Quando tace la ragione, parla sempre l’idiozia che vi ruba il futuro, carissimi giovani, e vi tradisce.

Le difficoltà, la malattia, infatti, non ci spaventano in sé ma in quanto ci bloccano in quel senso di nebulosa incertezza di non riuscire ad uscirne. Quando penso al Covid lo penso come ad una sfida epocale: esso sfida la nostra libertà che può morire in una ricerca individualistica ed egoista o sfociare in una assunzione di responsabilità e una presa in carico dell’altro; ancora, il Covid sfida il nostro senso critico che è ben altra cosa rispetto al giudizio dato dall’alto senza coinvolgimento: il Governo poteva fare e non ha fatto.

Ecco perché comprendo sempre più il valore della scuola, il luogo in cui si apprende il valore del senso critico, fondato sulla conoscenza, sui pomeriggi passati sui libri. Sono anni che mi batto per una scuola più autonoma, più libera e di qualità non per un vezzo radical chic ma perché temo l’ignoranza galoppata dai disfattisti che ci tolgono la speranza. Che senso ha vivere e morire? Che senso ha curarsi? Tanto si muore comunque. No, non possiamo accettare un simile modo di rapportarsi alla realtà. Non è umano. Esso va rifiutato categoricamente: dobbiamo, invece, fondare un nuovo umanesimo fondato sull’educazione integrale della persona: testa, cuore e mani, come spesso ci ricorda papa Francesco.

Carissimi ragazzi, vi penso molto e sento il vostro scoraggiamento di fronte all’ assurda confusione nella quale la nostra società vi ha immerso. Noi adulti, in questi ultimi anni, abbiamo svuotato di significato la magistratura, la libertà di espressione, l’accoglienza. Ecco, oggi dico a voi: ricostruiamo tutto! Il positivo, però, va scelto e perseguito con consapevolezza e con metodo. Per fare il bene occorre conoscere il bene e i mezzi per raggiungerlo. Altrimenti non è bene ma vuota retorica. La scuola, in questo, aiuta perché offre conoscenza e metodo e allontana dalla tentazione dello scoraggiamento. Ecco perché credo fortemente che la scuola deve, come rimarrà, restare aperta.

La scuola consente altresì di vivere esperienze di sacrificio che sono fondamentali per il nostro vissuto in quanto ci ricordano perché ha senso vivere e morire, ci ricordano i fondamentali della vita che ha un senso solo se è vissuta sbilanciandosi verso gli altri. Se così non fosse, si spalancherebbero le porte all’egoismo che, a sua volta, conduce alla disgregazione della società. Ma l’uomo nei confronti dei suoi simili è fratello, non è lupo. La scuola aiuta a riscoprire proprio il senso di essere compagni, il senso della responsabilità agita per sé e per gli altri. Impariamo a guardare alla società secondo la categoria della fraternità. Altro grande insegnamento del Santo Padre.

Dalla scuola così vissuta si passa allora all’impegno nella società: si pensa positivo e si sostengono i Governi, il Parlamento, perché le riforme positive vanno scelte e perseguite. Con scienza e con metodo.

Cari giovani, non possiamo non guardare alla prossima elezione del Presidente della Repubblica con senso di responsabilità, cercando di impedire i giochi di partito. Positivo che i leader abbiano preso le distanze dal gossip giornalistico sul toto presidente e abbiano posticipato tutto a gennaio. C’è un tempo per tutto, soprattutto se occorre eleggere la più alta carica dello Stato. Le grandi scelte devono essere sempre precedute dal discernimento. E il discernimento avviene lontano dai social.

Anche la politica ha compreso che l’impegno è un dono per l’altro e che tocca a noi adulti tenere presente che il domani dipende da quello che voi giovani imparate da noi oggi. Per far sì che i nostri giovani imparino, occorre condividere dei valori, occorre creare i presupposti perché, indipendentemente dalle convinzioni religiose di ciascuno, si crei un humus culturale che possa diventare terreno prospero di idee e di valori talmente buoni da essere ritenuti degni di essere trasmessi alle generazioni future. Questo deve diventare il pensiero forte che anima la libertà, di espressione e di parola, illuminando le scelte che ogni giorno siamo chiamati a fare. Per noi e per gli altri.

Solo così ciascuno di noi si riscoprirà fratello dell’altro, più semplicemente si riscoprirà più umano.

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