Seguendo la campagna elettorale mi sono reso conto che i grillini, benché figli di un comico, non ridono. Senso dell'umorismo: zero. Anche la loro aspirazione alla felicità naviga sullo zero virgola. Si salva Luigi Di Maio con tracce di vitalità. Ma, quanto agli altri, Virginia Raggi sembra Morticia degli Addams, defunta serie comica di una famiglia di mostri. Anche tra gli elettori trovo gente non soltanto incazzata (è così ovvio esserlo) ma colpita da un'ipnosi teletrasmessa forse dalla terza delle cinque stelle. L'elettore M5S investe i propri malumori, come se fossero buoni del tesoro, nel mito del superuomo: siamo tutti uguali, ma alcuni sono evidentemente più uguali degli altri. Li riconosci perché sono sdegnati, ultraterreni, ultravioletti. Se e quando governicchiano una città, si ritrovano a nuotare nella stessa merda degli altri, ma sempre dichiarando di appartenere a una razza aliena («marziana», disse Di Maio). Ci aveva provato già Berlinguer che, per liberarsi dal fiato sovietico sul collo, inventò l'ideologia dell'arianesimo del bene: la razza superiore di quelli che, casomai rubassero, rubano per il partito. Anche i comunisti ariani erano gente tristissima, con una inclinazione per forconi e roghi.
Tutto già visto, tutto già fallito. Ma l'umorismo si prende le sue vendette, come l'idea della Raggi di edificare uno stabilimento dantesco a Roma in cui lavare via, 24 ore al giorno, la cacca dai pannolini. Un'impresa che illumina il futuro.
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