Un clochard assolto perché "vivere in strada non è un reato"

Secondo la Cassazione l'ordinanza a Palermo non considera casi imprevisti

Un clochard assolto perché "vivere in strada non è un reato"

Il tribunale di Palermo lo aveva condannato, chiedendo a un clochard un pagamento di mille euro perché viveva in strada, insieme a due cani, in quella che era stata definita dall'accusa come una "baracca precaria costituita da cartoni e pedane in legno", un intralcio per i cittadini ma pure una situazione che creava "pregiudizio alla sicurezza pubblica".

È arrivato dalla Cassazione il ribaltamento della decisione presa in primo grado, con una nuova sentenza che, mettendo da parte le ordinanze comunali che vietano "bivacchi" e "accampamenti di fortuna" sulla "pubblica via", ha chiarito che vivere in strada non può essere considerato come un reato e annullato così la multa comminata.

La difesa del clochard aveva puntato sullo "stato di necessità" dell'uomo, un quarantenne italiano senza una fissa dimora, multato nel dicembre 2010 e presentato ricorso sostenendo che "doveva essere compresa l’esigenza di un alloggio". Un punto di vista che la Suprema corte ha accolto e ritenuto valido.

Per la Cassazione le disposizioni del sindaco, fornite

"in via preventiva ad una generalità di soggetti", non possono essere applicate "in assenza di riferimento a situazioni imprevedibili o impreviste", come quella di un uomo che al vivere in strada non aveva un'alternativa.

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