Alla fine se la cava con poco, Fabrizio Corona, per i soldi che aveva imboscato in Austria e a casa di una sua collaboratrice: un anno di carcere, assai meno dei cinque anni che aveva chiesto per lui la Procura della Repubblica. Il tribunale presieduto dal giudice Guido Salvini dopo una breve camera di consiglio, ha assolto Corona dall'imputazione più grave, quella di intestazione fittizia di beni, condannandolo solo per sottrazione di beni al fisco. In sostanza i giudici hanno creduto alla versione di Corona secondo cui avere piazzato i contanti nel controsoffitto della casa di Francesca Persi non li aveva fatti uscire dalla sua disponibilità, visto che aveva libero accesso all'appartamento della sua segretaria. Corona in aula ha esultato anche se la lieve condanna non risolve le sue pendenze giudiziarie, cioè la revoca dell'affidamento terapeutico che gli aveva permesso di uscire dal carcere, scattata dopo questa ennesima violazione. Per adesso, insomma, l'ex re dei paparazzi resta in carcere. In mattinata Corona aveva rivolto un lungo discorso ai giudici dichiarandosi vittima di una "messa in scena". "Molto rumore per nulla - ha detto Corona ai giudici - l'accus aha chiamato a testimoniare più di quaranta testimoni che hanno smentito totalmente quanto detto durante le indagini, il PM non ha portato nessun elemento e nessuna prova come se non ce ne fosse bisogno, bastava l'accusa è il mio nome, Corona. L'analisi delle mie società Fenice e Atena è stato l'analisi dei conti. La procura ha sostenuto di avermi sequestrato due milioni e seicentomila euro provenienti dalla mafia, ma il pentito non era Buscetta era Geraldine Daú.
Non esiste un fumus persecutionis nei mie confronti? Ho subito più di cinquanta processi, mi hanno dato la sorveglianza personale, mi hanno dato sei anni per una bancarotta, cinque anni per una vendita di fotografie con la parte offesa che sosteneva di non avere mai subito una estorsione, più di tre mesi di carcere preventivo. Ogni volta che si parla di me è tutto sproporzionato. Metà della questura lavorava su di me. I carabinieri mi controllavano ogni volta in ogni provincia, cercando il minimo pretesto per mandarmi in carcere e avere il minuto di celebrità che tutti cercano con me. Avevo soldi nel controsoffitto, si è vero. Erano miei, li avevo guadagnati con la società Fenice. Forse è un reato, ma non è quello che mi contestano. I soldi in Austria li ho portati perché avevo paura del fisco. Il PM fa solo supposizioni". "Se volevo fare sparire i soldi perché non li ho portati nei paradisi fiscali? Non li avrebbe trovati nessuno, e nel mio ambiente lo fanno tutti. Bastava aspettare la scadenza fiscale di Atena e vedere cosa facevo dei soldi in Austria, se li dichiaravo o li facevo sparire. Invece in due mesi di intercettazioni e pedinamenti hanno potuto scoprire solo quanto lavoravo. Ma loro non hanno accettato la mia uscita dal carcere perché sono un buffone, un pagliaccio e devo marcire in carcere". "Ho affrontato tutto di petto combattendo senza mai mollare". Corona inoltre ha letto una lettera indirizzata alla corte, citando Platone: "Io mi ero ritrovato, poi sono stato sfortunato anche se ero una brava persona. Vi ringrazio di avere sopportato le mie intemperanze. Vi chiedo oggi: datemi ciò che è giusto. Non si possono rischiare sette anni di vita per una interpretazione della legge. Contro di me non c e nessuna prova, come se mi avessero voluto disegnare un abito su misura. Il cumulo di pena supererebbe i ventuno anni di galera.
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