Bar e negozi sono chiusi? Sala non rinuncia alle tasse

Chi ha un’attività non può lavorare a causa dell’emergenza coronavirus ma è costretto a far fronte a spese, anche ingenti. E il sindaco Sala chiede la tassa sui rifiuti

Bar e negozi sono chiusi? Sala non rinuncia alle tasse

Al momento quella scatenata dal coronavirus è un’emergenza soprattutto sanitaria. Ben presto, però, il disastro provocato dall’infezione si ripercuoterà anche sull’economia. I segnali, purtroppo, ci sono già tutti. Persone che sono costrette ad affrontare spese senza poter contare su uno stipendio e attività ferme e che tra poche settimane potrebbero chiudere del tutto lasciando in strada un altissimo numero di dipendenti. Il grido di allarme per la crisi economica ormai imminente non riguarda solo un territorio ma accomuna Nord, Centro e Sud, isole comprese. A Milano, ad esempio il Comune fino ad ora non si è mosso per compiere qualche azione concreta in sostegno dei commercianti.

Come spiega Libero, Tari e Cosap, rispettivamente la tassa sui rifiuti e il canone per l'occupazione delle aree pubbliche, ora non si pagano. Ma si salderà in futuro. La rata di aprile dovrà essere pagata a settembre. In pratica, solo uno slittamento. Il problema è, quindi, solo rinviato. Chi ha un’attività in questi due mesi, tre se il lockdown terminerà il 3 maggio, ha guadagnato nulla. Da dove potrà prendere i soldi?

Il consigliere forzista del Municipio 3 Marco Cagnolati ha spiegato che "sono in tanti in questa situazione". L’esponete azzurro ha lanciato una proposta: "L'amministrazione comunale dovrebbe procede con lo storno dei canoni se sono stati già pagati o con lo sconto di quelli che devono ancora essere versati. È un piccolo gesto, ma è fondamentale perché gli esercizi sono stati pesantemente penalizzati dalla pandemia".

Il Comune, quindi, non dovrebbe dare direttamente denaro ai commercianti colpiti dall’emergenza. Lo stesso Comune, però, deve affrontare problemi di bilancio per mancate entrate. Un circolo vizioso, insomma. Il capogruppo di Fi in Consiglio comunale, Fabrizio De Pasquale, ha spiegato che l’amministrazione "non ha ancora approvato le tariffe di Tari e Cosap per il 2020. Quindi è molto semplice, basta decidere adesso una riduzione del 20%. Non serve molto, e non ci sono scuse. Purtroppo Milano deve mettersi nell' ottica che c'è un concreto rischio di chiusura per migliaia di attività. Se questo accadrà, le ricadute ci saranno anche per i conti del Comune che incasserà meno del solito. Per questo il Comune ora deve fare dei sacrifici, chiedendo ai milanesi meno di quello che ha sempre chiesto".

Le cifre sono considerevoli. Un'attività commerciale, ad esempio, paga tra i 15 e i 40mila euro annui di Tari. Numeri che si devono moltiplicare per il numero dei locali. Il totale è una ingente somma. Per De Pasquale il Comune "non deve solo dilazionare queste cifre ma non debba proprio riscuoterle. Serve dare respiro ai nostri commercianti". Ma l’incubo non finirà neanche con il termine del lockdown. Perché quando sarà consentito ai locali di aprire si proporranno altri problemi di non facile soluzione e che potrebbero mettere ancor di più in crisi le attività, come i ristoranti e le pizzerie. Con il distanziamento dei tavoli si avranno meno coperti, quindi ci sarà meno lavoro. E meno lavoro significa meno introiti e più licenziamenti.

Un esempio della enorme complessità del momento può essere rappresentata dalla disperazione di Marco Rodolfi, proprietario del bar Rebelòt di via Bottesini situato in zona Lambrate a Milano, che a Libero ha raccontato le sue ansie e le sue paure per il futuro. "Il problema è che tra un po' ci arriverà una bella mazzata", ha spiegato Rodolfi la cui unica fortuna è quella di non pagare l'affitto, “altrimenti avrei chiuso da un pezzo”.

Il suo locale è chiuso da tempo a seguito dei Dpcm per il contrasto al coronavirus. Ma le spese, come le bollette, ci sono. "Adesso ci arrangiamo- ha aggiunto va bene. Stringiamo i denti. Ma quello che mi fa paura è il futuro. Ci saranno le tasse da pagare, sarà un macello". Rodolfi sottolinea che questa è una preoccupazione praticamente di tutti. "Solo in questa strada siamo in tanti a lamentarci". Qualcosa bisogna fare altrimenti le serrande non i rialzeranno più. E così Marco e i suoi colleghi stanno lanciando delle proposte all’amministrazione guidata da Giuseppe Sala: "Ho sollevato la questione, mi sembra di buon senso: io pago un canone annuale per il dehor sul marciapiede, ma adesso non posso utilizzarlo.

Perché il Comune non mi sconta i mesi in cui sono stato fermo con l'attività?", è l’idea del barista che, come lui stesso specifica, per 8 metri quadrati paga ogni anno 1.150 euro. Questo spazio negli ultimi due mesi è rimasto praticamente inutilizzato. Il Comune di Milano dovrebbe agire subito ma tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo il mare. In questo caso un oceano di problemi.

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