Coronavirus

I medici frenano le riaperture: "Ospedali pieni"

I principali sindacati della dirigenza medica, che rivolgono un appello al premier Mario Draghi e al ministro della Salute Roberto Speranza, esortano il governo ad essere prudente nei provvedimenti da adottare per contenere la pandemia in Italia

I medici frenano le riaperture: "Ospedali pieni"

I dati in Italia nelle ultime settimane mostrano progressivi segnali di rallentamento della crescita dei contagi da Sars-CoV-2, tuttavia le condizioni di sovraccarico di tutto il sistema ospedaliero, con indici di occupazione delle terapie intensive e delle aree mediche Covid ben oltre le soglie critiche individuate, nonché la marcata circolazione del virus, con circa 530mila contagi attivi, e la persistente elevata mortalità, mettono in allarme i medici. “Bisogna avere cautela nell'allentare le misure restrittive della movimentazione sociale”. I principali sindacati della dirigenza medica, che rivolgono un appello al premier Mario Draghi e al ministro della Salute Roberto Speranza, esortano il governo ad essere prudente nei provvedimenti da adottare per contenere la pandemia in Italia.

“Il personale sanitario, impegnato quotidianamente, sette giorni su sette, di giorno e di notte, e da oltre un anno nella lotta contro la pandemia – evidenziano in una nota i sindacalisti –si trova ad affrontare ancora per tutto il 2021 criticità di ogni tipo dovute al sovraffollamento degli ospedali che, con la terza ondata, interessa in successione tutta la nostra penisola, anche aree precedentemente risparmiate come dimostra il caso Sardegna”. Ogni prematuro allentamento delle restrizioni, secondo i medici, potrebbe mettere a rischio sia la vita dei pazienti con Covid-19, costringendo per carenza di posti letto gli operatori a scelte strazianti sotto il profilo etico, come il triage inverso, sia la salute dei pazienti con altre patologie, la cui prevenzione e cura rischia di essere ancora una volta sacrificata.

“Ciò – continuano i sindacati – a causa della sottovalutazione del rischio di una persistente ed elevata circolazione del virus, sulla quale i medici e i dirigenti del servizio sanitario nazionale lanciano da tempo, inascoltati, tutti gli allarmi possibili”. Così, "per la terza volta gli operatori sanitari sono costretti, dopo il secondo picco epidemico autunnale, a ulteriori sacrifici, anche a rischio della salute personale, oltre che ad affrontare una situazione di costante super lavoro fisico e psichico che sta fiaccando le loro resistenze". Le decisioni competono, certo, alla politica, ma è compito, anche deontologico, di chi lavora in prima linea fornire una fotografia chiara dell'andamento clinico ed epidemiologico della pandemia, ed è quello che stanno facendo gli operatori sanitari, soprattutto quelli che lavorano negli ospedali.

Un rallentamento delle restrizioni, per i medici, sarà possibile solo con contagi giornalieri al di sotto di 5mila casi, mantenendo una larga capacità di testing e riprendendo il contact tracing per il controllo della diffusione dell'epidemia, con i ricoveri in area Covid medica e intensiva largamente al di sotto delle soglie critiche, rispettivamente 40% e 30%, e la vaccinazione completata almeno per i soggetti fragili e gli ultra 60enni, categorie a più alto rischio di ricovero e mortalità.

“Chiediamo alla politica – concludono le organizzazioni sindacali – di ascoltare le decine e decine di migliaia di colleghi che da tredici mesi lavorano senza tregua nell'emergenza territoriale e negli ospedali, e che non nascondono la loro perplessità e amarezza per il dibattito in corso su riaperture che, sotto le pur comprensibili esigenze economiche e sociali, celano una non corretta valutazione del rischio di un prolungamento della pandemia e di una persistente elevata mortalità tra i cittadini non ancora protetti con la vaccinazione”.

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