«Dobbiamo credere con più forza nel nostro talento»

Dopo le sfilate di Parigi e di Milano, il nuovo presidente della Camera dei buyer fa il punto

Mario Dell'Oglio è il nuovo presidente della Camera dei Buyer, ma anche un profondo conoscitore della moda maschile visto che la sua famiglia se ne occupa dal 1890, l'anno in cui il suo bisnonno, capo delle scuderie di casa Whitaker a Palermo, fece aprire al cognato un negozio di articoli di lusso per gentiluomini nei vecchi magazzini del Telegrafo di via Maqueda. «Andava sempre a Londra – racconta – per cui poteva rifornirsi direttamente di cose eleganti tipo cappelli, bastoni da passeggio, cravatte e fazzoletti da taschino». Da lì a costruire un piccolo impero che oggi conta tre negozi per uomo e per donna, 13 vetrine e 31 dipendenti, il passo è stato relativamente breve. Inevitabile quindi fare con lui il consuntivo della moda maschile per il prossimo inverno.

Oggi si chiudono le sfilate uomo di Parigi, meglio loro o meglio noi?

«Difficile rispondere: uno degli show più belli dell'intera kermesse è stato Valentino che sfila in Francia ma è italiano. Diciamo che loro hanno più talento nell'enfatizzare la creatività, mentre noi dovremmo crescere un po' nella nostra capacità di proporci. Qui a Parigi ho visto spettacoli estremi ma molto interessanti: penso a Rick Owens oppure a Raf Simons».

Insomma in Italia non le è piaciuto niente?

«Anzi, è stata una stagione fantastica. Aziende e stilisti hanno dato una grande prova di coerenza e sintonia con quel che chiede il mercato: cose innovative e al tempo stesso rassicuranti. Armani per esempio ha fatto due collezioni fantastiche, bravi anche Dolce & Gabbana, Etro e Neil Barret».

Cosa pensa del boom di Pitti?

«Sono bravi, fanno una grandissima ricerca di nuove proposte che segmentano molto bene nel salone, hanno un'offerta incredibile concentrata più o meno nello stesso spazio. Forse dovrebbero curare di più gli special guest: troppa sperimentazione lascia il tempo che trova».

Cosa pensa della femminilizzazione nella moda maschile?

«È un tema sociale su cui non si può estremizzare. Ho trovato impeccabile in questo senso il lavoro di Armani».

I buyer italiani sono stati i primi ad accusare la crisi, cosa pensa di fare durante il suo mandato?

«Noi abbiamo una cultura del bello senza pari. Purtroppo come tutti gli italiani siamo i primi a non credere nel nostro talento. Mi sono posto l'obbiettivo di trasformare la camera dei buyer in una specie di WWF della nostra creatività. Dobbiamo evitare di comprare in modo omologato, promuovere la nostra espressione territoriale e pensare al turismo che è un tesoro di cui troppo spesso ci dimentichiamo».

In concreto cosa suggerisce?

«I tre temi su cui dobbiamo battere sono internazionalizzazione, e-commerce e turismo. Vorrei per esempio fare un network internazionale di buyer dei cosiddetti specialty store come Jeffrey a New York oppure Maxfield a Los Angeles. Mi piacerebbe che tutti i nostri 117 iscritti prendessero ad esempio da Andrea Panconesi di Luisa Via Roma a Firenze oppure da Antonioli a Milano: i più bravi nell'e- commerce.

Apprezzo molto anche iniziative come quella di Stefania Mode di Trapani che ha preso in esclusiva mondiale la borsa dei super eroi di Stella McCartney. Quanto al turismo noi potremmo fornire consulenza i paesi tipo la Cina che non hanno una gran cultura di stile. Dobbiamo solo renderci percepibili e visibili al mondo, possiamo farlo visto che c'è l'Expo».

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