La singolare classifica delle città con le tasse più alte per le piccole e medie imprese si presume rifletta alcuni dati di fatto. Primo: che sono le città più ricche. Secondo: che sono le città che forniscono i migliori servizi ai cittadini contribuenti. Terzo: che la tassazione non segue alcuno di tali criteri ed è il frutto del capriccio dell'Agenzia di riscossione delle tasse (Equitalia). Poiché, a scorrere l'elenco, sorge piuttosto il dubbio che nessuna città fra quelle elencate, risponda ai primi due interrogativi, sembra se ne possa dedurre che ci troviamo di fronte ad una delle gravi contraddizioni del fisco nazionale. Che, oltre che essere fra i più pesanti d'Europa, ne è anche quello meno efficiente.
Che Reggio Calabria, o Catania, possano capeggiare una tale classifica è tanto poco credibile da sembrare più il frutto di un paradossale errore che riflettere dati di fatto verosimili. Perciò, la prima riflessione che se ne trae è che ci si trovi di fronte a una contraddizione, o a un capriccio, dell'Agenzia delle entrate. Poiché, inoltre, le due città sono al Sud, una ulteriore riflessione è che la programmazione fiscale non sia propriamente quella enunciata e la più corretta che ci si dovrebbe aspettare per il rilancio dell'area meno sviluppata del Paese. Se ci si trova, come pare, di fronte ad un dato che smentisce clamorosamente gli sbandierati programmi pubblici di rilancio economico del nostro meridione, se ne deve dedurre che abbiamo uno Stato che, non solo, gestisce il Paese con criteri dirigisti e statalisti di tipo sovietico, ma che lo fa copiando carenze e deficienze dell'Urss.
Ho passato alcuni anni a Mosca e ho assistito al progressivo fallimento della pianificazione economica: statalismo e dirigismo economico - come già aveva previsto von Mises - producono più squilibri e fallimenti che sviluppo. Come si può sperare, perciò, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, di poter rilanciare economicamente il nostro sottosviluppato meridione con tali criteri di gestione dello strumento fiscale? E, poiché, con Keynes, il mondo avrebbe individuato un criterio ottimale di gestione della cosa pubblica attraverso la fiscalità, qui siamo addirittura al suo paradossale rovesciamento. Che smentisce la convinzione diffusa secondo la quale sono certe zone del settentrione - la Brianza e il Veneto, tanto per dire - ad essere quelle che producono maggiore ricchezza e che rifiniscono col finanziare il meridione. Insomma, non solo il nostro Stato sarebbe eccessivamente fiscale; ma è anche uno Stato che si distingue per essere parecchio contraddittorio e pasticcione rispetto a ciò che esso stesso sostiene. Esso non sarebbe neppure capace di attenersi alle regole, keynesiane, che si sarebbe dato. Insomma: una funzione pubblica che è una somma di contraddizioni, le quali smentiscono le sue stesse affermazioni e il senso comune.
Sono anni che vado scrivendo
che, rispetto al livello di tassazione raggiunto, fra i più alti d'Europa, il nostro Stato è incapace di fornire servizi adeguati ai propri cittadini contribuenti, e ora ne ho avuto la conferma.piero.ostellino@ilgiornale.it
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