Emergenza buche, i romani sono costretti a tapparsele da soli

Bombolette spray e sacchi di bitume per segnalare e tappare le buche: decine di cittadini hanno partecipato all'iniziativa promossa dalla mamma di Elena Aubry, Graziella Viviano, per mettere in sicurezza le strade della Capitale. L'appello alla sindaca: "Il Campidoglio faccia qualcosa"

Emergenza buche, i romani sono costretti a tapparsele da soli

Bomboletta spray e bitume. Sono queste le armi del piccolo esercito di romani che ha risposto all’appello di Graziella Viviano, la mamma di Elena Aubry, ed oggi è sceso in strada per tappare le buche che minano l’asfalto di Monteverde (guarda il video).

In molte vie di Roma l'asfalto è ancora in condizioni pietose. “Se segnalassimo ogni buca con la bomboletta, la Capitale vista dal satellite sarebbe un’enorme macchia gialla”, denuncia Ilaria Serafini, giovane presidentessa del motoclub Lupe de Roma. Abita nella via parallela a quella dove Elena è rimasta uccisa lo scorso maggio, dopo aver perso il controllo della sua moto a causa del dissesto del manto stradale. “Percorro quella strada ogni giorno e vi assicuro che è impraticabile”, ci dice con la bomboletta in mano. Da quando ha conosciuto la mamma di Elena, la porta sempre con sé per segnalare crateri, dossi e avvallamenti. “Da motociclista so cosa vuol dire – ci assicura – basta pochissimo per sbandare e cadere e siamo stufi di uscire di casa pregando che Dio ce la mandi buona”.

Assieme a Graziella, la scorsa settimana, Ilaria ha marchiato le buche del tratto di via Ostiense dove Elena ha perso la vita. “È stata dura – ci confessa – ma tantissimi centauri ci stanno ringraziando”. Così, da Ostia a Monteverde, si sono date di nuovo appuntamento con pala e i sacchi di cemento per mettere una pezza dove gli operai del Comune non riescono ad arrivare. “Le buche e le radici sporgenti sono ancora presenti su quel tratto di strada”, ci racconta Cristina, 38 anni, che quella sera di maggio era su via Ostiense proprio negli istanti in cui Elena ha perso la vita. “Ci vorrebbe l’esercito per mettere a posto le strade di Roma, ma nel suo piccolo ognuno di noi può fare qualcosa – ci spiega – quello che stiamo facendo può contribuire a salvare delle vite”.

“Vorrei che fosse il Comune a fare tutto questo”, dice Graziella, la mamma di Elena. La sua non è una protesta, ma “un urlo di disperazione”. Perché la morte di sua figlia, come quella di tanti altri giovani, per i volontari poteva e doveva essere evitata. “Era una motociclista esperta e prudente”, conferma l’amica di famiglia, Roberta Bosio, “non è la velocità che l’ha fatta sbandare”. “Non siamo obbligati a rimanere nella trappola della morte, anche se le istituzioni non ci ascoltano”, attacca Graziella Viviano. Per questo ha deciso di passare all’azione assieme ai volontari di Tappami che, già da tre anni, dedicano il loro tempo libero a scovare e neutralizzare le insidie del manto stradale. Un’iniziativa di “volontariato civico”, la definisce Cristiano Davoli, presidente dell’associazione, che chiede al Campidoglio di scendere in campo a sostegno di queste attività. “Aspettiamo di essere ricevuti dalla sindaca per potergli spiegare come funziona il nostro progetto – spiega Davoli – si tratta di una protesta propositiva: cerchiamo di mettere le buche in sicurezza per avvisare i cittadini che in un determinato punto c’è un pericolo”.

“Sulle strade di Roma è facile morire”, conclude, “per questo i cittadini devono unirsi e far sentire la propria voce”. Vittime delle buche non sono solo automobilisti e motociclisti, ma anche persone anziane e disabili, costretti spesso a fare i conti con marciapiedi sconnessi e costellati di piccoli crateri. Anche per loro avanza la rivoluzione della pala, che nelle prossime settimane arriverà in altre strade e quartieri di Roma. “Il nostro obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere anche le istituzioni”, ribadisce la mamma di Elena.

Ma dal Campidoglio il silenzio è ancora assordante. “Noi andiamo avanti lo stesso”, assicura Graziella. “Lo facciamo perché non succeda mai più”, aggiunge scandendo la frase impressa sulla t-shirt con il ritratto di sua figlia.

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