Gaber si burlava delle star buoniste

Gaber si burlava delle star buoniste

Nei social network, dall'altroieri, impazza una canzone di Giorgio Gaber, Il potere dei più buoni, tratta da Un'idiozia conquistata a fatica, album frutto del Teatro Canzone portato in tour tra il 1997 e il 1999. È stato Antonio Socci a postare il brano, lamentando la perdita di un artista fuori da ogni schema come Gaber. Il potere dei più buoni non è saltata fuori per caso. Socci, e chi ha contribuito a rilanciare il suo messaggio, ha rispolverato questo Gaber in contrasto al manifesto contro Matteo Salvini, pubblicato dalla rivista Rolling Stone, e firmato da artisti (o sedicenti tali). Manifesto, per altro, ridicolizzato dalla scoperta che alcuni «aderenti» sono stati inclusi a loro insaputa: Enrico Mentana, Michele Serra, Fiorella Mannoia, Alessandro Robecchi, Gipi, Zerocalcare e Valentina Petrini. Che autogol.

Riascoltare e rileggere Gaber ci fa apprezzare, una volta in più, il carattere iconoclasta, e quindi rivoluzionario, della sua musica, dove le false certezze degli intellettuali sono messe alla gogna. Mentre il manifesto esalta la logica del guitto intruppato, Gaber esalta la logica dell'artista libero. I sottoscrittori del manifesto rischiano nulla, essendo conformi alla cultura «ufficiale», sempre premiata dai media e dal mondo delle spettacolo. Gaber invece rischiò tutto e, infatti, perse il saluto di alcuni ex compagni di strada, Dario Fo a esempio. Ma si guadagnò l'amore infinito del suo pubblico, disposto a seguirlo in ogni evoluzione musicale.

Il potere dei più buoni, al di là dell'occasione, ha valore profetico più che polemico. Non è solo una rampogna contro l'ipocrisia dei cantanti impegnati (a farsi pubblicità). È piuttosto la denuncia dell'appiattimento culturale dovuto al conformismo. Gaber sconfessa alcuni dei miti ai quali gli intellettuali di oggi si sottomettono volontariamente, convinti di avere ragione solo perché raccolgono facile approvazione tra i sodali. Gaber abbatte così il multiculturalismo: «Penso ad un popolo multirazziale / ad uno stato molto solidale / che stanzi fondi in abbondanza / perché il mio motto è l'accoglienza». Oggi questo passo sarebbe sufficiente per essere additato come xenofobo, razzista e in ultima analisi fascista. Ma Gaber va oltre: «Penso al problema degli albanesi / dei marocchini dei senegalesi / bisogna dare appartamenti / ai clandestini e anche ai parenti / e per gli zingari degli albergoni / coi frigobar e le televisioni / È il potere dei più buoni / è il potere dei più buoni / son già iscritto a più di mille associazioni / è il potere dei più buoni / e organizzo dovunque manifestazioni». Poi Gaber fa a pezzi la moda ambientalista-animalista: «Ho una passione travolgente / per gli animali e per l'ambiente / Penso alle vipere sempre più rare / e anche al rispetto per le zanzare / In questi tempi così immorali / io penso agli habitat naturali / penso alla cosa più importante / che è abbracciare le piante».

Il colpo finale è riservato a chi sfrutta le tragedie per tornaconto personale: «Penso alle nuove povertà / che danno molta visibilità / penso che è bello sentirsi buoni / usando i soldi degli italiani / È il potere dei più buoni / è il potere dei più buoni / costruito sulle tragedie e sulle frustrazioni / è il potere dei più buoni / che un domani può venir buono per le elezioni». Come ci manca Giorgio Gaber...

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