Campagna elettorale, a breve si entra in regime di par condicio, quella legge per cui in tv e in radio scatta il minutaggio: tanto parla il candidato di un partito tanto devono parlare i rappresentanti di tutti gli altri, a prescindere dal loro peso elettorale e interesse per il pubblico. La legge sulla par condicio è la morte del giornalismo (vale sia per il servizio pubblico sia per le emittenti private) che già di suo non gode di grande salute, oltre che dei telespettatori costretti a sorbirsi gli sproloqui di «signori nessuno».
A questo giro c'è però una novità. Il garante per la comunicazione - uno dei tanti enti inutili nati per complicare le cose e distribuire stipendi importanti - ha deciso che anche i giornalisti che partecipano ai dibattiti dovranno «dichiarare la propria posizione» ed essere quindi affiancati da colleghi che la pensano diversamente.
Chi ha scritto questa norma o era ubriaco o non sa di cosa sta parlando. Cosa si intende per «dichiarare la propria posizione«? Spero non l'intenzione di voto, che la Costituzione garantisce libero e segreto. E allora quale posizione? Un giornalista, per definizione, ha la sua di posizione, che può coincidere per nulla, in tutto o in parte con quella dei politici o degli altri colleghi presenti al dibattito. Secondo quel genio del Garante, se io e Travaglio ci troviamo insieme in un dibattito e non diciamo a prescindere cose opposte incorriamo in una violazione di legge, immagino sanzionata per noi e per l'emittente che ci ospita, perché non abbiamo garantito il «pluralismo» degli ospiti.
E come la mettiamo con i conduttori, anche quelli dei Tg? Pure loro prima di dare una notizia o porre una domanda dovranno dichiarare come la pensano? È proprio vero che la madre dei cretini è sempre incinta. Se mi invitano in un programma pensando che io dica certe cose e invece sostengo: «Viva la Boldrini, abbasso Berlusconi», che succede, sospendono e si va tutti a casa perché è violata la par condicio?
Uno si chiede come sia possibile proporre una simile idiozia.
Poi si scopre che il proponente (Angelo Cardani, presidente della commissione) è un professore bocconiano già braccio destro di Mario Monti a cui deve la nomina. E tutto diventa improvvisamente più chiaro. Non ho intenzione di sottoporre al giudizio dell'Agenzia per la comunicazione il mio modesto pensiero. E così spero facciano tutti i colleghi.
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