Coronavirus

Il grido d'allarme dei medici: "Per noi pochi tamponi e risultati in ritardo"

Continua ad aumentare il numero degli operatori sanitari infettati. La denuncia dei camici bianchi: "Non possiamo più tollerare inerzie o sottostime del rischio"

Il grido d'allarme dei medici: "Per noi pochi tamponi e risultati in ritardo"

La circolare del Ministero della Salute del 20 marzo impone che la comunicazione del risultato deve avvenire entro 36 ore per il personale sanitario, ma ci sono casi in cui si aspetta anche 6 giorni il referto del tampone. Questa la surreale situazione che vivono i medici, impegnati in prima linea contro il Coronavirus ma che non ricevono un trattamento da eroi. Nel frattempo continua ad aumentare il numero dei camici bianchi infettati dal Coronavirus: sono saliti a 10.007, mentre il giorno precedente erano 9.512. Le Regioni più colpite sono Lombardia (oltre 6mila contagiati tra medici, infermieri, Oss e tecnici di laboratorio) ed Emilia-Romagna (944). Mirko Schipilliti a Il Fatto Quotidiano ha raccontato la sua esperienza: "Fortunatamente in quei giorni ero a riposo: una pura casualità. Ma a tanti miei colleghi è andata molto peggio, hanno atteso giorni il referto pur dovendo rimanere in corsia, senza sapere se erano positivi, mettendo a repentaglio, oltre ai pazienti, le loro famiglie".

Il medico del pronto soccorso dell'azienda ospedaliera dell'ospedale Sant'Antonio di Padova sostiene che le aziende sanitarie dovrebbero allinearsi e cercare di ottenere i massimi risultati "dando la priorità al personale sanitario e al paziente con la febbre che deve essere ricoverato". Le mascherine non risolvono il problema dei ritardi: "Siamo a poco meno di 2mila tamponi. Non possiamo più tollerare inerzie o sottostime del rischio, né giocare con procedure così delicate come la sorveglianza". Anche perché ogni giorno in più rappresenta "un pericolo per il sanitario, i suoi famigliari, i pazienti".

La denuncia

È stata fatta una protesta contro la direzione generale e il direttore sanitario, senza però ottenere alcun risultato: "Ci è stato solo detto che c’è un problema tecnico legato alla tipologia delle macchine che processano i tamponi e nulla di più". Schipilliti si è dovuto recare in ospedale per fare il terzo test senza nemmeno sapere se il secondo era positivo: "Tutto questo spalanca lo scenario di denunce alla magistratura".

Sulla questione è intervenuto anche Adriano Benazzato, segretario regionale del sindacato Anaao, che ha messo in risalto le critiche condizioni in cui i medici sono costretti a lavorare: "Oltre alla carenza di personale, o mancano le mascherine protettive o mancano i reagenti per i tamponi". Intanto il governatore Luca Zaia ha annunciato l'indagine sierologica che dovrebbe coinvolgere inizialmente i 54mila dipendenti della sanità e delle case di riposo della Regione.

Il governatore ha anche parlato di una speciale "patente" a chi ha sconfitto il virus e sviluppato gli anticorpi.

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