Cronache

Uccise la moglie, ma i giudici lo assolvono: "Era geloso"

Antonio Gozzini, l'insegnante in pensione che uccise la moglie nel 2019, è stato assolto dall'accusa di omicidio volontario. Per i giudici l'uomo sarebbe stato affetto da "delirio di gelosia"

Ha ucciso la moglie, ma i giudici lo assolvono: "Era geloso"

"Incapace di intendere e volere". È stato assolto dall'accusa di omicidio Antonio Gozzini, l'81enne che nell'aprile del 2019 uccise sua moglie, Cristina Maioli, sferrandole alcune coltellate al corpo. Secondo i giudici della corte d'Assise d'Appello di Brescia l'uomo avrebbe ucciso la consorte poiché affetto da delirio di gelosia. In Appello il procuratore generale Guido Rispoli aveva chiesto 21 anni di pena per l'imputato ritenendolo capace di intendere e volore.

L'omicidio

I fatti risalgono alla notte tra il 3 e il 4 aprile 2019 in un appartamento di via Lombroso, a Brescia, dove la coppia viveva da tempo. Antonio Gozzini, professore in pensione, si scagliò contro la moglie, Cristina Maioli, 61 anni, insegnante in attività all'Itis Castelli, mentre dormiva in camera da letto. Dapprima la colpì con un mattarello sulla testa poi, le sferrò due coltellate mortali: una alla gola e l'altra alla gamba. Dopodiché rimase a vegliare sul corpo esanime della consorte per circa 24 ore.

Il movente

A 12 mesi dall'apertura del fascicolo per omicidio omicidio, Gozzini ottenne l'assoluzione. Per i giudici di primo grado l'81enne non sarebbe stato in grado di intendere e volere, sopraffatto da un "delirio di gelosia". Secondo l'accusa, il movente del delitto era riconducibile al sentimento di gelosia che l'uomo, affetto da drepessione, avrebbe nutrito nei confronti della moglie, la quale si sarebbe concessa qualche uscita con amiche e colleghi. La stessa pare avesse suggerito al marito di ricoverarsi in una struttura Rems per curarsi. La difesa, invece, aveva sostenuto la matrice patologica del raptus. "Vanno tenuti ben distinti il delirio da altre forme di travolgimento della facoltà di discernimento che, non avendo base psicotica, possono e debbono essere controllate attraverso la inibizione della impulsività ed istintualità" aveva spiegato il presidente della Corte d’Assise di Brescia, Roberto Spanò, nelle motivazioni della sentenza di primo grado.

La sentenza

In Appello, il procuratore generale Guido Rispoli aveva chiesto una condanna a 21 anni di reclusione per l'81enne. La sua richiesta è stata però respinta dai giudici della corte d'Assise d'Appello di Brescia che, questa mattina, hanno assolto per la seconda volta l'imputato. "La sua gelosia patologica - ha detto il procuratore generale di Brescia in aula - non era mai emersa prima dell'omicidio. Se n'è parlato solo a posteriori solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità". "Non posso che essere soddisfatto perchè la corte di assise di appello si è dimostrata impermeabile alle pressioni mediatiche suscitate da un moto di indignazione dopo la sentenza di primo grado", ha dichiarato all'AGI l'avvocato Jacopo Barzellotti, difensore di Antonio Gozzini.

"La corte di assise di appello ha confermato la sua indipendenza - ha continuato il legale - prendendo alla luce di quanto emerso nel dibattimento e dagli esiti delle relazioni psichiatriche la decisione più giusta".

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