"Le liti, le chat, ci controllavano". L'ex sardina svela tutti i segreti

Il retroscena sulle sardine: "Forti tensioni. C'era chi obbediva solo a Santori". Uno dei fondatori: "Si parlava soltanto attraverso una chat alla quale erano ammesse 200 persone"

"Le liti, le chat, ci controllavano". L'ex sardina svela tutti i segreti

Volevano farci credere di essere superpartes, di avere un dna diverso da tutti, di praticare l’unisono degli intenti. Altroché. Se ci metti dentro il naso viene fuori un racconto che la Democrazia cristiana raccontata da Leonardo Sciascia in Todo Modo, dove le correnti e le sottocorrenti si scannavano fino all’autodistruzione, sembra una mammoletta. Ecco le Sardine, il movimento fiancheggiatore del Pd (e ora del governo Conte) che, come in un juke box, si palesa alla bisogna mettendo dentro la monetina. Guai a contestare il grande capo, mezzo nerd e mezzo yuppie, Mattia Santori, che, in piena recessione da Coronavirus, ha auspicato la patrimoniale. Zitti e muti e se uscite, se ve ne andate, beh, peggio per voi. Ne sa qualche cosa D.H., Sardina pentita e, quindi, bersaglio di varie angherie, comprese telefonate registrate e lettere anonime scritte con la caratteristica tecnica del fango e inviate qua e la. D. H. non è un ragazzino. È un serio professionista vicino alla mezza età, di indole moderata, di livello culturale elevato e, per semplificare, “antisovranista”. È tra i fondatori delle Sardine nel nord Italia. “Ho partecipato con entusiasmo, convinto che il movimento potesse rappresentare una voce pacificatrice”. Una fonte più che attendibile, dunque. Che ha accettato di descrivere un po’ di vita interna del gruppone tanto celebrato dal mainstream.

“Il 24 novembre 2019” inizia a raccontare “fu convocata l’assemblea fondativa milanese nella sede Arci del quartiere Corvetto. Un dedalo di gruppi e di gruppetti. I due principali erano 6000 Sardine Milano e 6000 Sardine Milano e Lombardia. Il primo faceva capo a Simona Regondi, assistente sociale, ex militante di Possibile e di Sel, vicina a Giuseppe Civati e al centro sociale milanese Leoncavallo. Una donna con l’indole della pasionaria. In fin dei conti onesta e lineare. L’altro gruppo, 6000 Sardine Milano e Lombardia, era quello di Fabio Cavallo. Cavallo, tipo piuttosto aggressivo, dice di sé che lavorava alla CGIL, ma che poi il sindacato lo licenziò, per motivi che non mi ha mai spiegato. Tant’è che non ho capito se fosse vero. Anche lui frequentava un centro sociale milanese: il Cantiere. Ed è tuttora piuttosto attivo sui social con una “Rete italiana antifascista”. Mi colpivano tre cose di lui: che non fosse più un ragazzino, credo che abbia oltre cinquant’anni, che avesse sempre problemi economici e che era, ed è, impegnato nella raccolta fondi on line. Ha organizzato collette per Carola Rackete, per le ong, e, recentemente, alla voce Coronavirus, ha lanciato su Facebook una sottoscrizione a favore della Comitato della Croce Rossa di Bergamo. Intorno ai due contendenti nacquero gruppi e gruppetti. Come l’Arcipelago delle Sardine, con la mission del tam-tam per le elezioni in Puglia”.

Altro che Bella ciao! Altro che piazza che cambia il linguaggio della politica. Sembra di essere tornati ai tempi di quando si origliavano le liti tra le correnti dei partiti. “In effetti” riprende D.H.”C’erano tensioni. Forti. Ci si divideva tra chi credeva nel movimento e chi obbediva a testa china a Santori. Questo non ci ha impedito di organizzare alcuni eventi come quello in piazza Duomo a Milano. E altri in provincia: l’otto dicembre 2000 persone in piazza anche a Como. Si avvicinava l’appuntamento del 14 dicembre, in piazza San Giovanni a Roma. Il giorno dopo, il 15, ci fu l’attesa assemblea programmatica al centro sociale Spint-Time, quello occupato da Movimento action, il palazzo ai cui “inquilini” il cardinale elemosiniere del Vaticano, Konrad Krajewski, promise di pagare le bollette della luce. Il tema dell’assemblea era: fine della Piazza e inizio di una nuova “Cosa”. Magari, molti di noi lo speravano, la nascita di un vero e proprio movimento politico organizzato. Arrivammo allo Spint-Time divisi e litigiosi, anche per questioni campanilistiche. Non ci volevo credere. Non è possibile. Siamo su Lercio, vero? Invece no: le Sardine di Brescia erano contro le Sardine del Lago di Garda, per questioni incomprensibili, personali, locali…”. Così la svolta del 15 dicembre fu in realtà una Babele inconcludente. “Beh,” dice ancora N.H “l’incazzatura di chi pensava che le Sardine fossero qualche cosa di spontaneo e di nuovo, saliva sempre di più. Quel giorno Mattia Santori ci disse, in sostanza, che la seconda fase sarebbero state le elezioni in Emilia Romagna. Gli chiedemmo di fare almeno una piattaforma politica. Ci rispose che non era ancora il momento, che dovevamo avere fiducia e pazienza. E poi pretese che in un’ora ogni Regione presente redigesse un programma politico. Conduzione assolutamente divisiva: da una parte chi voleva dare basi solide e un futuro a questa avventura, dall’altra chi, per le ragioni più svariate, pendeva, come le Sardine di Mantova e di Cremona, dalle labbra di Santori. I contrasti erano forti anche in seno al nucleo originario. Lorenzo Donnoli, che arrivava da Futura, e Jasmine Cristallo, estremista di sinistra, erano piuttosto incazzati con Santori e cercarono di togliergli visibilità. Tutto questo, peraltro, in una situazione in cui la comunicazione era ridotta praticamente a zero. Si parlava soltanto attraverso una chat alla quale erano ammesse 200 persone.”.

Liti, divisioni. Censure. Intanto, in Lombardia, che cosa stava succedendo? “L’11 gennaio” dice D.H. “si svolse a Milano l’assemblea. Arrivarono quattro persone da Milano, nove da Brescia e 15 da Pavia. Fu eletto un coordinamento in stile Cencelli. Si stabilì che ogni provincia avesse due delegati. Tranne Brescia che ne ottenne tre e Milano che, pur avendo il numero più basso di partecipanti, se ne attribuì cinque: due alla corrente di Regondi, due a quella di Cavallo e una all’Arcipelago. Da lì in poi fu guerra civile a Milano: Cavallo e Regondi si scontravano come in un talk show. Minacciavano querele e denunce reciproche. Qualcuno urlò: “Io scrivo a Feltri!”. Santori commissariò Milano: Cavallo è tuttora il suo uomo”. Il 26 gennaio ci fu il voto in Emilia Romagna. “Santori annunciò: se vinciamo in Emilia inizia la vera fase due: faremo un convegno. L’idea era quella di un convegno a Scampia da tenere il 14 e il 15 marzo. A febbraio furono indette assemblee regionali per indicare i delegati da mandare a Scampia. In realtà li scelse tutti Santori. Come sfogliasse una margherita: questo sì, questo no. Durante l’assemblea milanese dell’8 febbraio, Santori litigò ferocemente con uno di noi. D’altronde il conflitto tra le Sardine delle province lombarde era, e credo sia ancora, sempre più aspro tra chi chiede un po’ di politica e chi è Santori dipendente. Il suo prefetto Fabio Cavallo si era reso intanto conto che la grande Milano era molto meno attiva di province come Como, Pavia e Varese. Però era stato lui a boicottare un flash mob milanese contro la Lega adducendo come motivazione il fatto che lo aveva organizzato una Sardina che si era presentata dicendo di non essere ne’ di destra ne’ di sinistra. Oramai avevano perso ogni forma di pudore: controllavano anche i nostri comportamenti sui social, on line. E ce lo dicevano.

Le sardine si stanno spegnendo”. D.H. finisce così il suo sfogo, disincantato e un po’ amaro. Però, prima di interrompere il collegamento Skype, ci regala un’altra chicca: “Forse dovevamo sceglierne uno più credibile da mandare in tv”

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