Cronache

Violenze, minacce e rivolte: quei centri pronti a esplodere

Ad Agrigento sono tanti i casi segnalati di violenze perpetuate dai migranti all'interno dei centri d'accoglienza: l'ultimo, in ordine di tempo, ha richiamato l'attenzione anche del ministro dell'interno

Violenze, minacce e rivolte: quei centri pronti a esplodere

Quanto è accaduto nelle scorse ore ad Agrigento non è il primo caso che, all’ombra dei templi, viene denunciato e documentato. Nella provincia che ha subito il maggior numero di sbarchi negli ultimi anni, al netto anche di quelli avvenuti a Lampedusa, sono sorti dal 2013 in poi diversi centri. Si tratta di strutture sia di prima accoglienza, che di istituti legati al progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Al loro interno gli episodi di violenza denunciata da parte degli operatori sono diversi.

L’ultimo, per l’appunto, è accaduto nel quartiere del Villaggio Mosè. È lo stesso dove da qualche anno si concentrano le proteste da parte dei residenti per via dell’apertura di diversi centri Sprar. La zona è residenziale e commerciale, si trova a pochi passi dalla valle dei templi e tra negozi e palazzi sorti negli anni ’80, si trovano anche alcuni dei più importanti alberghi della città.

Migliaia di persone vivono qui e da anni in tanti chiedono alle istituzioni maggiore vigilanza. La sera è possibile vedere più gente di origine africana a passeggio che abitanti del quartiere. L’impatto emotivo in questa situazione è palpabile tra i residenti, al pari delle preoccupazioni per la sicurezza. Ma è per l’appunto all’interno dei centri che avvengono gli episodi più importanti. Non di rado arrivano, presso le locali redazioni giornalistiche, notizie circa interventi della polizia o dei carabinieri all’interno dei centri d’accoglienza.

La modalità appare sempre la stessa: due o tre soggetti che vanno in escandescenza e che, a volte, riescono a trascinare un buon gruppo di persone ospiti con loro. Poi inizia il terrore per gli operatori: vengono danneggiati mobili, suppellettili, per poi scaraventarsi contro gli operatori o le operatrici. Già altre volte alcuni volontari od alcuni impiegati, proprio come nell’ultimo episodio in questione, sono stati rinchiusi dentro le stanze. Si inscenano proteste per ottenere documenti utili ad andare fuori dall’Italia, oppure se uno o più soggetti vengono raggiunti dal decreto d’espulsione. Altre volte invece, può bastare un pasto non ritenuto sufficientemente idoneo oppure la mancanza della connessione wi – fi per far scatenare il putiferio.

E non sempre le forze dell’ordine riescono a riportare subito la calma, non mancano esempi di aggressioni contro poliziotti o carabinieri intervenuti sul posto. Al Villaggio Mosè così come al Quadrivio Spinasanta, altro quartiere residenziale dove sono sorti alcuni centri Sprar, passando anche per il centro storico ed alcune zone più periferiche. Non c’è zona di Agrigento che non abbia il “suo” centro d’accoglienza ed è anche per questo che in città notizie come quelle delle scorse ore, che riportano per l’appunto aggressioni e violenze interne alle strutture, quasi passano inosservato.

“Volevo aprire una residenza per anziani al posto dell’albergo – ha raccontato qualche anno fa un noto imprenditore agrigentino – La burocrazia mi ha fatto perdere molto tempo, non appena ho richiesto la possibilità di ospitare un centro d’accoglienza subito sono arrivati i documenti necessari”. Anche per questo in città come in provincia in tanti hanno fatto affidamento ai centri per aprire una propria attività. Ma la qualità del lavoro appare condizionata sempre più dalle intemperie degli ospiti. Il più delle volte, spiegano alcuni operatori, si tratta di immigrati di origine sub sahariana: “Sanno come attirare l’attenzione – racconta un ragazzo che qualche anno fa ha lavorato in uno di questi centri – Sanno che se distruggono arredamenti od altro incutono timore. Non sono tutti a fare così, anzi devo dire che personalmente per la gran parte ho incontrato ragazzi disponibili. Ma basta anche uno solo di loro a creare trambusto ed a ruota si aggiungono i più intemperanti”.

Un passaparola forse, la convinzione che già altre volte altri immigrati hanno utilizzato metodi del genere per ottenere qualcosa e, in tal maniera, in diverse occasioni si è scelta la via della protesta violenta per cercare di ottenere qualcosa. Dopo l’ennesimo episodio verificatosi ad Agrigento si registra l’intervento del ministro Salvini: “A due dei protagonisti – afferma il leader del carroccio – La protezione è stata già revocata, quella degli altri ha le ore contate”.

Di certo, soprattutto per gli operatori, una simile situazione appare difficile da affrontare.

Anche perché, è il pensiero di molti, quello del Villaggio Mosè potrebbe non essere l’ultimo caso del genere.

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