Cronache

Ilva: la fabbrica dello Stato dove la sicurezza è a rischio

Lo sdegno di Mattarella: "Ferita per l'Italia" dopo la morte dell'operaio. Il viceministro Teresa Bellanova a Taranto ha "precettato" i commissari straordinari: "Subito la verità". Ironia della sorte, per decreto, questi ultimi hanno l'immunità penale sui reati ambientali

Ilva: la fabbrica dello Stato dove la sicurezza è a rischio

“Ogni morte sul lavoro costituisce una ferita per l'Italia”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda con dolore Giacomo Campo, l'operaio morto oggi all'Ilva di Taranto. Un altro lavoratore della fabbrica del governo. Già, perché da tre anni l'Ilva, di fatto espropriata alla famiglia Riva, è sottoposta a commisariamento straordinario da parte dello Stato.

“Una perdita irreparabile per l'intera società”, ha ancora dichiarato il capo dello Stato. Morire stritolato ed essere estratto dopo ben sette ore è uno scandalo, oltre al dolore. Cercare di capire chi doveva estrarre il corpo, palleggi di competenze. Sì, è uno scandalo.

E intanto un cadavere, ormai inerme, ridotto a niente, restava sotto un nastro che lo aveva stritolato. Tutto questo si poteva evitare? Sì. “Non è ammissibile che non vengano adeguatamente assicurate garanzie e cautele per lo svolgimento sicuro del lavoro", ha concluso il presidente della Repubblica. Già, perché il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, preso in carico dallo Stato per evitare il fallimento, è in grosse difficoltà, come da tempo denunciano i sindacati. Mancano le risorse per garantire adeguata manutenzione e sicurezza di uomini e impianti. Addirittura i lavoratori, sempre secondo i sindacati, sono a corto di dotazioni individuali, scarseggiano i dispositivi necessari a proteggere il lavoro in conformità di legge.

L'Ilva non investe abbastanza perché a corto di risorse. Eppure il governo continua a parlare delle "magnifiche sorti e progressive" della fabbrica. Ormai prossimo l'acquisto (a novembre si deciderà sui piani presentati dalle due cordate acquirenti: Mittal-Marcegaglia e Arvedi-Cassa Depositi e Prestiti-Delfin e Jindal Steel), alacre il lavoro per la ristrutturazione ambientale degli impianti. Su quest'ultimo punto, ancora per denuncia sindacale, vi sono due certezze: la mancata realizzazione di opere importanti contro l'inquinamento, come la copertura del parco minerali e la concessione di un anno in più per l'applicazione dell'Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale, voluta dallo stesso governo per decreto.

L'Ilva, in una nota, esprime cordoglio ai famigliari della vittima. Ma del cordoglio dell'azienda probabilmente i famigliari se ne fanno ben poco. Giacomo non c'è più. È morto sotto gli occhi dello zio che lavora nella stessa azienda. Sono settimane, come detto, che le sigle sindacali dei lavoratori denunciano le difficoltà e i problemi di sicurezza dell'impianto e la carenza dei dispositivi di protezione individuale. Possibile che lo Stato stesso rischi di andare contro ogni regola di sicurezza? Nell'area a caldo, cuore dello stabilimento siderurgico, mancano le tute ignifughe e i caschi, solo per fare un esempio. A Taranto il viceministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova, ha dichiarato che c'è necessità di capire com'è morto Giacomo Campo, quasi "precettando" in questo senso i commissari straordinari, ora chiamati a rimboccarsi le maniche e tirar fuori la verità. Paradossale nota a margine: secondo l'ultimo decreto Salva-Ilva (salva-Ilva appunto e non salva-Taranto) i commissari hanno una sorta di immunità penale per i reati ambientali.

“La vergogna ricada su chi ha impedito per legge alla Magistratura di pretendere la messa in sicurezza dello stabilimento con legge dello Stato. La stessa vergogna - ha osservato Michele Emiliano, il presidente della regione Puglia - ricada su coloro che consentono per legge il funzionamento della fabbrica che uccide i tarantini con il suo inquinamento. La nostra pazienza è finita”. Come la vita di Giacomo, in una calda mattina di settembre.

Una qualunque, nella fabbrica dell'acciaio senza pace in cui ogni giorno la vita rischia di diventare sempre più una scommessa.

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