Cronache

Inchiesta bimbi in affido: così il sindaco descriveva ​il sistema modello

Diceva che gli operatori avrebbero aiutato i piccoli ad "uscire fuori dal tunnel", dopo gli abusi subiti

Inchiesta bimbi in affido: così il sindaco descriveva ​il sistema modello

Un sistema volto a "mettere in campo tutte le azioni possibili per ridare speranza, futuro e dignità a questi minori". Così solamente tre anni fa, il sindaco Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, finito agli arresti domiciliari per l'inchiesta sui minori dati in affido, descriveva il Servizio sociale integrato dell'Unione dei comuni della Val d'Enza, davanti alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

Gli operatori che si occupavano dei piccoli erano in grado, a sua detta, si accogliere le loro richieste d'aiuto, per "accompagnarli fuori dal tunnel". Il sisrema veniva presentato come il fiore all'occhiello del Comune, quadro che contrasta duramente con quello emerso dopo l'operazione "Angeli e Demoni", grazie alla quale è stato portato alla luce un sistema illecito di gestione dei minori in affido. Ai bimbi, di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, gli psicologi e gli assistenti sociali facevano il lavaggio del cervello, mettendo in atto attività volte al allontanare i piccoli dalle famiglie d'origine.

Il sindaco del Comune aveva anche la carica di delegato dell'Unione dei Comuni di Val d'Enza ed era considerato in prima linea in tema di politiche sociali, dato il suo lungo curriculum, riportato da AdnKronos: consigliere amministrativo al Servizio Sanità e Servizi Sociali della Provincia di Reggio Emilia, componente del Gruppo tecnico del Coordinamento delle Politiche educative della Val d'Enza e responsabile del Servizio scuola, cultura, turismo, sport, sociale al Comune di San Polo d'Enza. Tre anni fa era stato ascoltato in Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, alla quale aveva parlato di "un sistema di servizi di welfare di comunità composto da operatori estremamente competenti, un sistema abituato a saper innovare, rimodulare le proprie azioni, i propri comportamenti, i propri progetti in base al mutamento dei bisogni". All'epoca, il primo cittadino vantava di aver messo in atto "tutte le azioni possibili per ridare speranza, futuro e dignità a questi minori".

Carletti aveva illustrato il sistema, citando anche il supporto della onlus del Torinese, finita oggi al centro dell'inchiesta, sostendo che i minori avessero trovato il coraggio di denunciare "perché sapevano di poter contare su una rete di operatori in grado di raccogliere questo loro grido e accompagnarli fuori dal tunnel".

Un dipinto che non rispecchia ciò che è emerso dall'indagine della procura, secondo cui il sindaco era "pienamente consapevole della totale illiceità del sistema e della assenza di qualunque forma di procedura ad evidenza pubblica volta all'affidamento del servizio pubblico di psicoterapia a soggetti privati".

La giunta di Carletti, al contrario, ha espresso piena solidarietà al primo cittadino, dichiarandosi convinta "della sua estraneità ai fatti".

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