Una sentenza della Cassazione ha dato ragione ai familiari di un dirigente morto d'infarto, riconoscendo il diritto a un risarcimento di oltre 850mila euro. Secondo il tribunale l'uomo era sottoposto a un carico di lavoro eccessivo.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso che avevano presentato i datori di lavoro dell'uomo, una grossa azienda di telecomunicazioni. Il dipendente svolgeva lavoro di quadro. Secondo la famiglia negli ultimi mesi era sottoposto a "ritmi insostenibili" e lavorava "circa 11 ore giornaliere", spesso continuando da casa e "fino a tarda sera".
Durante il processo, una perizia tecnica aveva stabilito una correlazione tra l'infarto e le vicende lavorative, parlando di un "indice di probabilità di alto grado", laddove la società aveva sostenuto che i ritmi "serratissimi" erano dovuti all'attitudine del dipendente e al suo "coinvolgimento intellettuale ed emotivo".
I giudici hanno accolto la posizione dei familiari del morto, dicendo che "la responsabilità del modello organizzativo e della distribuzione
del lavoro fa carico alla società" e che si presume il capo dell'azienda, "salvo prova contraria", conosca le "modalità attraverso le quali ciascun dipendentente svolge il proprio lavoro".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.