In un Paese dove l'unica libertà di espressione garantita sembra quella di non prendere posizione, di restare sul vago, di parlare un linguaggio cifrato come quello dei politici della Prima Repubblica, in questi giorni mi sono permesso di fare una serie di considerazioni sulle potenzialità inespresse nel settore turistico. Penso di potermelo permettere, visto che in questi anni mi è capitato di fare «qualcosa» e di creare un numero rispettabile di posti di lavoro.
Ho detto delle cose che dovrebbero sembrare delle ovvietà. Per esempio, parlando della Sardegna, ho affermato che, essendo un'isola, non si può pensare di avere il turismo, se non si esce dai monopoli più o meno palesi dei trasporti marittimi ed aerei, che non consentono di rendere raggiungibile una terra splendida. Mi è stato risposto che ho offeso i sardi, perché ho associato il loro nome al termine pastori. Non essendo un politicante, non faccio il giocoliere con le parole, ma mai mi è passato per la mente che «pastore» fosse un insulto. Ho un rapporto di collaborazione, di amicizia e di stima con molti pastori e so bene che il loro lavoro ha radici antiche, tradizioni e saperi che meritano rispetto. Come loro, mi faccio un mazzo così dalla mattina alla sera e, se c'è un nemico, non è Flavio Briatore, ma chi non paga un prezzo equo per il loro latte, chi non li difende da politiche sempre più aggressive sull'origine dei prodotti.
Il concetto che volevo esprimere è l'esatto opposto: se si punta sul turismo, se si creano collegamenti efficienti, ci sono più opportunità anche per chi produce un agroalimentare eccellente come quello che viene fatto da certe parti che magari non sono note come il Billionaire, ma che vi assicuro sono quello che Fabrizio De André paragonava al Paradiso. È forse reato pensare che con la sua forte identità, con la sua cultura, con il suo paesaggio la Sardegna possa offrire molto di più che un piacevolissimo tuffo in mare? È Flavio Briatore che ha lasciato marcire per anni in uno scantinato i grandiosi Giganti di Mont'e Prama, che non valorizza la terra di Grazia Deledda, di Gramsci, di Nivola? Sono forse io a tenere chiuse i siti archeologici, numerosissimi nell'isola? O è qualcun altro?
E non mi si dica che turismo è sinonimo di cemento. Perché dovremo applaudire quando sulle coste arrivano le ciminiere e invece dovremmo boicottare progetti turistici, pensati nel rispetto di quello che anche per l'imprenditore è un fattore rilevante. La salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio è un nostro interesse, perché nessun turista verrebbe nei nostri locali e nei nostri alberghi, se intorno fosse tutto uno schifo. Se riuscissimo a vendere questa qualità della vita, ci sarebbero opportunità molto più importanti sia per i pastori sia per i giovani che possono aspirare a fare impresa. Magari assisteremmo ad un ritorno di molti cervelli fuggiti dal nostro paese.
Ho cercato di esprimere questi concetti ma apriti cielo! Si è aperta la gara a chi è più indignato, perfino qualche imprenditore è intervenuto scimmiottando una certa politica per censurare il «continentale» nemico. Addirittura mi sono state addossate vicende risalenti ai Savoia. Mi è stato detto che non mi devo permettere di fare lezioni. Io non insegno nulla: quello lo lascio fare a chi non sa nulla.
Mentre si scatenava questo putiferio, però il presidente della Regione nominava un ligure come manager plenipotenziario delle ASL unica della Sardegna che, per intenderci, spende la metà del bilancio della Regione.
Se c'è qualcuno che ha scarsa considerazione dei sardi, allora quello non sono certo io: Flavio Briatore, «pastore» di Cuneo, amante della Sardegna e consapevole che un grande popolo, che è rimasto tale nonostante le invasioni provenienti dal mare, meriti di più di quello che viene negato da qualcuno che sta sulla terraferma.A chi mi critica suggerirei di guardare l'isola con i miei occhi, perché sicuramente ne avrebbe più cura e un concetto più alto. Forse qualche mio detrattore avrebbe anche un concetto migliore di se stesso.
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