Pur allontanandomi per qualche giorno dall'Italia, ho continuato a pensare alla nostra situazione politica e alla perdurante presenza di movimenti di parassiti senza idee, i cui i esponenti hanno dimostrato ampiamente la loro inadeguatezza. Ci possiamo spiegare perché sono stati eletti, per quale spirito di protesta contro l'establishment politico. Ma, in tutti i casi, la soluzione che essi hanno rappresentato è analoga a quella di chi, avendo il mal di testa, scegliesse la soluzione radicale di tagliarsela. Cosa ha portato, dunque, il popolo a sbagliare? Ho avuto un'illuminazione: il popolo vota i suoi simili, e si compiace delle loro incapacità, sia per potersi sentire superiore, sia per consolarsi che i problemi non abbiano soluzione. Ho pensato, dunque, che forse è inutile l'affanno per mostrarsi migliori, e indicare rotte e obiettivi. C'è il rischio di essere scambiati per egemoni, ingannatori, illusionisti. Una classe politica di uomini, non solo probi, ma anche capaci aumenterebbe la distanza fra eletti e popolo, conferendo agli eletti una superiorità non solo numerica, ovvero democratica, ma anche morale, culturale, di pensiero.
Ai politici non chiediamo, come ai medici per curare una malattia, di essere i migliori, di essere più bravi, ma di essere titolari della nostra vittoria nella quale entrano invidie, frustrazioni, ansie di rivalsa; tutto meno che un progetto per migliorare lo Stato. Forse occorre riflettere, e valutare il merito. Altrimenti è meglio estrarre nomi a caso dall'elenco telefonico: il metodo Grillo.
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