Guerra in Ucraina

L'ultima chiamata

Per diventare una grande superpotenza la Ue deve essere consapevole di se stessa. La guerra in Ucraina, come avviene nei momenti topici della Storia, può rappresentare l'occasione per verificare se lo è o meno

L'ultima chiamata

Nelle analisi sugli imperscrutabili piani di Vladimir Putin molti intravedono - a partire dall'intelligence Usa e ucraina - l'obiettivo di dividere il Paese in due sul modello di quello che avvenne nel secolo scorso per la Corea, ma anche per la Germania o il Vietnam. Questo giornale lo ha scritto venti giorni fa (leggere per credere) e ha coniugato successivamente questa ipotesi, che i movimenti delle truppe russe sul campo confermano, alla prospettiva di creare una sorta di «conflitto permanente», ad alta o bassa intensità, che potrebbe condizionare e mettere un'ipoteca sul futuro dell'Unione Europea. È evidente, infatti, che avere alle porte una guerra «non conclusa», potrebbe o accelerare il processo di integrazione, trasformando la Ue nella quarta potenza mondiale (dopo Stati Uniti, Russia e Cina); o bloccarlo definitivamente, trasformando l'Europa in un'incompiuta.

In fondo, anche se la tesi può sembrare suggestiva, la guerra in Ucraina - ovviamente su un altro piano - è speculare alla «Brexit», perché entrambe hanno come possibili effetti quello di ostacolare la nascita di una grande potenza europea o d'indebolirla. Basta farsi due conti: prendendo come riferimento il bilancio 2020, se i 59,2 miliardi spesi dall'Inghilterra per le sue forze armate, si sommassero ai 151,4 di Francia, Germania, Italia e Spagna, si arriverebbe alla cifra di 210,6 miliardi, più del triplo di quello che spende la Russia e poco meno di quello che spende la Cina (e mancano all'appello gli altri 21 Paesi dell'Unione).

Questo per dire che un'Unione Europea forte può infastidire molti. Solo che per diventare una grande superpotenza la Ue deve essere consapevole di se stessa. La guerra in Ucraina, come avviene nei momenti topici della Storia, può rappresentare l'occasione per verificare se lo è o meno. È il banco di prova in cui l'Unione dimostrerà se ha voglia di diventare grande, o se vuole restare nel limbo per colpa delle divisioni interne o dell'egoismo di parte. Due sono le premesse. Intanto deve nascere quell'esercito europeo di cui si parla tanto sui giornali, ma con poca convinzione nelle cancellerie europee. È a quell'obiettivo che ha un senso legare l'aumento al 2% delle spese militari: più sei forte sul piano militare e più puoi esercitare un ruolo di primo piano nei negoziati. È un dato oggettivo che solo la miopia e la pseudo ideologia non riescono a percepire (in Italia quella dei 5stelle o di certa sinistra). In secondo luogo, l'Unione deve essere la vera garante della possibile intesa, accogliendo tra i suoi membri l'Ucraina o quel che ne sarà. È difficile, se non impossibile, infatti, che la Russia di Putin possa anche solo immaginare di perpetuare una politica aggressiva verso un Paese Ue.

Certo si tratta di velocizzare molti processi: da quello della creazione di un esercito europeo a quello di una politica estera in nome dell'intera Europa; per non parlare delle procedure che regolano l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione. Finora, purtroppo, la Ue è sempre arrivata in ritardo con gli appuntamenti della Storia. Al punto di rischiare di perdere se stessa. Solo che, in un mondo in cui a stare appresso al Wall Street Journal anche negoziatori e mediatori possono essere avvelenati(Abramovich), è evidente che i tempi sono dettati dalle cronache e non dai dubbi di questo o quel Paese.

E, per chi ancora non lo avesse capito, la «crisi Ucraina» per l'Unione rappresenta l'ultima chiamata.

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