La luna dell'ultima notte di primavera è quasi piena sul cielo di Bruxelles, c'è solo uno spicchio d'ombra che guarda ad occidente. E lui, Giuseppe Conte, premier di un'Italia sotto tiro, è rimasto lì fino alle quattro del mattino, l'angoscia e un po' di birra, a ragionare di denari e a contare le stelle per indovinare il futuro che lo aspetta. Tutto questo è fissato in una foto, scattata nella sala di soggiorno di un hotel che nel nome nasconde una beffa: Amigo. Si possono definire amici quelli che stanno lì con lui? Si intravede il lussemburghese Bettel, ma soprattutto ci sono Angela Merkel e Emmanuel Macron. Questa Europa ha ancora il loro volto; Germania e Francia, l'asse su cui si regge la finzione di un Vecchio continente che spera di pesare come una potenza riconoscibile sullo scacchiere del mondo. Questa riunione fuori orario è uno dei tanti tentativi per risolvere la questione Italia, con i due soci forti che cercano di convincere con le buone lo sciagurato «pezzente» a pagare i suoi debiti. La faccia di Conte in effetti è di chi chiede tempo e fiducia, mentre sul volto degli altri due si legge la pazienza scaduta degli esattori. Sotto questa foto ci sono però tante cose non dette. Le più importanti sono un paio di domande: Germania e Francia possono davvero punire l'Italia? Se lo possono permettere? Non è solo il vecchio discorso: l'Italia non è la Grecia.
C'è di più e ha a che fare con le certezze del grande malato. Attenzione. Non è l'Italia, ma l'Europa. Roma certo è fragile. Non cresce, non investe, non consuma, non lavora. Sono almeno dieci anni che vede all'orizzonte soltanto il buio. Il male dell'Europa è però ancora più grande, perché assomiglia al crollo di una civiltà. Noi siamo cresciuti con l'idea che questa striscia di terra stretta tra l'Asia e l'Oceano, con il Mediterraneo come grande piazza di scambi di merci e culture, fosse bene o male il centro ideale del mondo. Il Novecento è stato il secolo americano, ma l'Europa restava il cuore di quello che chiamiamo Occidente. L'Occidente con tutto quello che significa: democrazia, libero mercato, welfare, tutela dei diritti individuali e civili e poi ricchezza, benessere, imprese. Il guaio è che tutte queste certezze si sono sgretolate una dopo l'altra e l'Occidente si è perso. Non si trova. Non si riconosce. È smarrito. Gli States, l'altra colonna del continente occidentale, sono tornati a casa. L'America è America e non si sente quasi più Occidente. Non solo ha abbandonato l'Europa ma comincia a tifare per la sua frammentazione, con un unico legame sentimentale, quello con la vecchia madrepatria, quella Gran Bretagna che ha scelto la Brexit. La realtà è che l'Europa è una terra da colonizzare. È così che la vedono Cina, Russia e gli stessi Stati Uniti. È una vecchio e glorioso continente che rischia di fare la fine delle città greche sottomesse alla potenza di Roma. Germania e Francia sfoderano tutto il loro orgoglio, ma potrebbero fare i conti con i fantasmi di Sparta e di Atene. Lo sanno? Non abbastanza. Alternano disprezzo e moralismo verso i Paesi del Mediterraneo, eppure una parte della loro ragione di Stato gli suggerisce che un'Italia calpestata, debole e marginale rende l'Europa ancora più fragile. Nella testa della Merkel e di Macron c'è anche la paura. Quando guardano l'Italia e puntano verso il governo vedono Salvini e Di Maio e quello che rappresentano. L'Italia, per loro, è il contagio. È il virus di quel sovranismo che fa il gioco dei colonizzatori. Magari non è così, ma ormai si sono convinti di questo. L'Italia è fuori di parecchio dai parametri del patto di stabilità, ma loro si accontenterebbero di una prova di buona volontà.
Come a dire: aiutateci a non punirvi. Chiedono in pratica una prova di fedeltà, un test antivirus. Solo che questo test, un anno dopo l'altro, ci sta ammazzando. Quella che Berlino e Parigi chiamano pace per Roma è un deserto.
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