Mattarella c'è e batte un colpo (contro Matteo)

Mattarella c'è e batte un colpo (contro Matteo)

I precedenti rendono l'idea. E raccontano di un Sergio Mattarella che in questi quasi diciassette mesi al Quirinale si è sempre tenuto alla larga dalle beghe della politica, dosando con il contagocce interviste o interventi, comunque sempre focalizzati su temi istituzionali: dalla celebrazione del 25 aprile ai 70 anni della Repubblica, passando per l'inaugurazione di Expo. Deve quindi esserci una ragione se il capo dello Stato decide di fare uno strappo alla regola e battere un colpo. Lo fa con una lunga intervista al direttore della Stampa Maurizio Molinari, due pagine nelle quali Mattarella dice la sua sull'Europa del dopo Brexit e auspica per l'Italia «un ruolo chiave». Un presidente della Repubblica, dunque, che si mostra piuttosto loquace sui temi di politica estera e che invece si guarda bene dall'intervenire sulle questioni interne.

Una scelta, quella del capo dello Stato, che non è affatto casuale. Tanto che arriva nel giorno in cui al Consiglio europeo di Bruxelles i capi di Stato e di governo dell'Ue - compreso ovviamente Matteo Renzi - affrontano il dossier Brexit. È chiaro, insomma, che Mattarella - per la prima volta da quando è al Colle - cerca di disegnare un perimetro entro il quale muoversi, a costo di impattare con il presidente del Consiglio, peraltro molto attivo in questi giorni sul fronte della politica estera. E lo fa scegliendo, seppure con grande discrezione, una strada per molti versi lontana da quella del suo predecessore Giorgio Napolitano, che nei giorni scorsi ha ripetutamente criticato la scelta britannica del referendum e il suo esito. «Il voto dell'elettorato, nazionale o di un altro Paese - spiega invece Mattarella - va sempre rispettato, anche quando provoca rammarico e lo si ritiene un errore». Una distanza siderale rispetto a chi ha definito il voto della Gran Bretagna un «abuso di democrazia».

Il punto, però, è anche tutto ciò che Mattarella non dice. Soprattutto sul fronte della politica interna. L'uscita del capo dello Stato è infatti un garbato segno di protagonismo che ha fatto suonare più di un campanello d'allarme a Palazzo Chigi. I rapporti con Renzi, d'altra parte, da qualche mese non sono per così dire felicissimi ed è da un po' che nell'entourage del premier temono che il Quirinale inizi a mandare segnali d'insofferenza. Il capo dello Stato, infatti, è uno strenuo sostenitore della stabilità e farà quanto in suo potere affinché la legislatura arrivi alla scadenza naturale del 2018. Una convinzione che ha da tempo e che il voto sulla Brexit ha ulteriormente rafforzato, perché - è il senso del ragionamento che si fa sul Colle - solo un'Europa stabile può reggere a una fase di agitazione come quella cui andiamo in contro. Ma affinché l'Italia abbia un minimo di ruolo nella partita che si sta giocando nell'Ue, è chiaro che ha bisogno di stabilità e non certo di ripresentarsi ai tavoli che contano con l'ennesimo governo azzoppato.

È per questa ragione che Mattarella non ha affatto gradito la scelta di Renzi di personalizzare il referendum. Per non parlare delle successive uscite dei ministri Maria Elena Boschi e di Pier Carlo Padoan, anche loro a perorare la causa del governo a casa, in caso di sconfitta nella consultazione di ottobre. Una linea che al Colle considerano quantomeno azzardata, tanto che il capo dello Stato avrebbe suggerito a Renzi di ritrattare pubblicamente. Il premier si è limitato a rispondere che sarebbe un dietrofront difficile da spiegare al Paese, ma è un fatto che da qualche settimana si guardi bene dall'usare l'argomento del «o con me o contro di me». Insomma, non è escluso che alla fine il leader del Pd possa dare retta ai consigli di Mattarella e optare per la giravolta. Magari ascoltando anche i suggerimenti arrivati dagli uffici del Quirinale su come gestire la campagna di comunicazione referendaria di qui a dopo l'estate.

L'invito, infatti, è quello di far fare un passo indietro ai membri del governo più esposti - lo stesso Renzi e il ministro delle Riforme Boschi in primis - e affidarsi a un Comitato per il sì composto da personaggi pubblici più o meno noti ma, soprattutto, spendibili in televisione e che si concentrino solo sul merito del quesito. Vedremo nelle prossime settimane se a Palazzo Chigi terranno da conto i suggerimenti del Quirinale. Che da ieri è certamente meno «silenzioso» di prima.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica