"Mi ha chiamato col nome dell’ex Ecco perché ho ucciso Vanessa"

Lei 20 anni, lui 35. La confessione: avevo sniffato, ho perso la testa. La disperazione del padre della ragazza: "Non sono riuscito a proteggerla". La madre: "Vivrò solo per ammazzarlo io"

"Mi ha chiamato col nome dell’ex  Ecco perché ho ucciso Vanessa"

Una specie di allucinato, balor­do delitto d’onore. Dove l’onore, per soprammercato, e per il niente che vale, di fronte alla vita di una persona, non era neppure stato messo in discussione. Un delitto d’onore fuori registro ma non fuori contesto, visto che il contesto è quello di una Sicilia profonda, do­ve certi stilemi, rinnegati a parole sull’altare di una pretesa e mal dige­ri­ta modernità riemergono a tradi­mento dagli abissi di certe anime nere come mostri assetati di san­gue.

Sicché ora sappiamo che Vanes­sa Scialfa è stata ammazzata a vent’anni dal suo convivente,un di­soccupato ( ma con comodo di co­caina) un fallito, un frustrato di 34 anni che all’alba di ieri mattina,do­po qualche sgangherato tentativo di depistare gli inquirenti ha con­fessato, finendo in carcere a Enna, che è il teatro dove va in scena que­­sta tragedia, con l’accusadi omici­dio volontario aggravato e oc­cultamento di cadavere. L’er­gastolo, a oc­chio e croce. Una fine atro­ce, orribile, di­sgraziatissima e sommamen­te ingiusta, quella della po­vera Vanessa. Strangolata con il cavo di un lettore Dvd e poi soffocata conunfazzolet­to imbevuto di candeggina.

France­sco Mario Lo Presti ( ma perché, Va­nessa, mettersi con un energume­no di 15 anni più grande di te?) è l’assassino. E sapete che cosa ha scatenato la furia omicida di que­sto primate? Il fatto che in un mo­mento di intimità, stando a quel che il tipo ha raccontato, Vanessa avrebbe pronunciato il nome di un suo ex fidanzatino. Ecco dunque come entra in scena l’onore, con quelle due «o» slargate, nella pro­nuncia, come si pensava di averle sentite per l’ultima volta in certi film degli anni Sessanta. Se sia vera, la storia raccontata da Lo Presti, e se la morte di Vanes­sa si debba imputare all’evocazio­ne del nome di un altro «lui» (un lapsus? una provocazione?) che si materializza all’improvviso, non sappiamo, e non sapremo mai. Di­ciamo che è una circostanza verosi­mile che forse spiega l’innesco del dramma, ma certo non lo spiega. C’è una lite tra i due, questo è si­curo.

Vanessa e Francesco se ne di­cono di tutti i colori. Finché lui-co­sì racconterà nella confessione ai carabinieri - afferra una sua scato­letta e «tira» una striscia di cocaina. E quando vede Vanessa che si è ri­vestita e sta per uscire di casa, con l’intenzione di lasciarlo a sbollire i suoi furori le è addosso, la trascina sul letto, agguanta il cavo del letto­re dvd che è sul comò e glielo attor­ciglia intorno al collo, tirando con tutte le sue forze. Poi, per non la­sciare nulla al caso, per essere sicu­ro di averla ammazzata, cerca un fazzoletto, trova in bagno un flaco­ne di candeggina, lo imbeve, e lo preme sul volto di quella ragazza che probabilmente è già morta. È il pomeriggio del 24 aprile.

L’as­sassino avvolge il cadavere della sventurata in un lenzuolo, lo trasci­na fuori dalla casa che avevano con­diviso per qualche mese, lo carica in auto e lo getta da un cavalcavia vi­cino all’ex miniera di Pasquasia, sulla 117 per Caltanissetta. Poi fa la faccia del fidanzato preoccupato, e si dà da fare con i parenti e gli amici di Vanessa nelle ricerche, copione tristissimo e già visto. Intanto si mo­bilitano i social network, entra in scena«Chi l’ha visto?»,ma entrano in scena soprattuto la Polizia e i Ca­rabinieri.

E per Francesco Lo Pre­sti, una vita da primate, la va a ore. Così, quando vede che non ha vie di scampo, è lui stesso che accom­pagna gli inquirenti sul cavalcavia.

Al padre di lei, Giovanni, resta solo il rimpianto: «Non sono riuscito a proteggerla». Alla madre, invece, anche la sete di vendetta: «Quel­l’uomo dal carcere deve uscire in una bara. Se lo vedrò camminare per Enna, vivrò solo per ucciderlo io».

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