Cronache

Milano, somalo condannato a ergastolo per torture ai migranti in Libia

La corte d’assise d’appello di Milano ha confermato la sentenza: Osman Matammud sarà condannato all’ergastolo, con tre anni di isolamento

Milano, somalo condannato a ergastolo per torture ai migranti in Libia

È stato condannato all’ergastolo dalla corte d’assise d’appello di Milano Osman Matammud, il somalo 23enne reo di avere ucciso e seviziato numerosi stranieri all’interno del campo Bani Whalid, in Libia.

I fatti a cui si fa riferimento risalgono al periodo di tempo che intercorre fra il 2015 ed il 2016.

Tante le vittime dell’aguzzino, arrivato poi nel nostro Paese come finto profugo. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, durante la sua permantenza a Bani Whalid, Matammud si è reso autore di ben 13 omicidi. A cui si vanno ad aggiungere stupri e torture di vario genere. Tutto per divertimento.

Arrestato nel 2016 dopo essere stato riconosciuto da alcune delle sue vittime, il 23enne ha ricevuto la massima condanna il 10 ottobre del 2017. Sentenza riconosciuta ques’oggi anche dalla Corte d’assise di Milano. Il violento africano, definito come un sadico, ha ricevuto l’ergastolo, con tanto di isolamento diurno per i primi tre anni. Sono molto numerosi i testimoni che lo hanno inchiodato.

Dopo la lettura della sentenza, il 23enne si è detto sconvolto. Proclamandosi ancora innocente, ha nuovamente affermato che le pesanti accuse mosse contro di lui sono il frutto di un complotto fra tribù. Eppure sono davvero tanti e dettagliati i racconti degli orrori riferiti agli inquirenti.

Stabilito anche un risarcimento nei confronti di 9 vittime, alle quali saranno riconosciute alcune decine di migliaia di euro. È previsto inoltre un risarcimento anche all’ Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi), che si è occupata di sostenere le parti lese nella battaglia legale.

Una battaglia che, forse, non si è ancora conclusa.

Giancarlo Rossi, legale che assiste Osman Matammud, ha già fatto sapere che è sua intenzione fare ricorso in cassazione, fino a presantarsi anche di fronte alla corte Europea dei diritti dell’uomo.

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