Il neo direttore dell'Ilva rinuncia all'incarico

È durata meno di un giorno la permanenza di Marco Pucci alla direzione generale delle acciaierie in amministrazione straordinaria da parte dello Stato messe in vendita dal governo da qualche settimana

Il neo direttore dell'Ilva rinuncia all'incarico

"Ringrazio i commissari per la fiducia che mi hanno mostrato nel nominarmi direttore generale di Ilva per la fase di trasferimento degli asset della società. Tuttavia non ritengo di accettare l'offerta". È durata meno di un giorno la permanenza di Marco Pucci alla direzione generale delle acciaierie in amministrazione straordinaria da parte dello Stato messe in vendita dal governo da qualche settimana. Pucci, scelto dai tre commissari straordinari dello stabilimento (Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba), ha fatto un passo indietro per non “bruciare” al fuoco della polemica divampata in seguito alla condanna subita in Appello per il rogo dello stabilimento siderurgico Thyssenkrupp di Torino del 2007 in cui morirono sette operai.

“Preferisco – ha spiegato il manager ­ attendere l'esito del ricorso in Cassazione sul processo che mi ha visto condannato ingiustamente. All'epoca ero nel Consiglio di amministrazione della società senza alcuna delega alla sicurezza e con responsabilità nelle aree commerciali e del marketing. Confido che i giudici supremi sapranno dare il giusto peso alle responsabilità penali personali. Sono tornato in Ilva un anno fa – ha concluso Pucci mollando l'incarico appena ricevuto ­ e continuerò a collaborare come manager per il risanamento e il rilancio della società". Il caso è stato sollevato dal comitato dei cittadini e lavoratori "Liberi e Pensanti" di Taranto. "L'ennesimo regalo del Governo Renzi ai lavoratori Ilva" ha dichiarato uno dei leader del movimento, l'operaio Ilva Massimo Battista. A rincarare la dose polemica il commento su Facebook di Antonio Boccuzzi, deputato Pd, operaio Thyssenkrupp sopravvissuto al rogo nell'acciaieria e perciò diventato simbolo della tragedia: "Mi sembra una scelta quantomeno discutibile. Il 13 maggio ci sarà la sentenza definitiva della Cassazione del processo Thyssen; Pucci è stato condannato nella sentenza d’appello bis a sei anni e dieci mesi...". Boccuzzi ha concluso: "Non ho parole".

"E' una nomina scandalosa. Siamo schifati" ha affermato Luigi Santino, fratello di Rocco, una delle sette vittime della ThyssenKrupp, senza darsi pace per una nomina svanita nel giro di un comunicato stampa. La Corte d’Appello di Torino ha ridotto la pena di Pucci da sette anni a sei anni e dieci mesi, ma le sentenze hanno confermato l'accusa degli inquirenti: il rogo avvenuto la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, in cui morirono sette operai, fu frutto di gravi carenze in tema di sicurezza nella fabbrica. Nonostante questo precedente, Pucci era considerato dai tre commissari dell'Ilva un esperto del settore siderurgico in grado di avviare "l’esecuzione del programma di trasferimento – spiegava una nota ­ dei complessi aziendali approvato con decreto dal ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi". In poche parole, al manager sarebbe stata affidata la fase di transizione della vendita, col nuovo passaggio dallo Stato a un imprenditore o a una cordata di imprese private. Marco Pucci si è sempre protestato innocente per l'incidente del 2007 alla Thyssenkrupp. Lo hanno ricordato i suoi legali, spiegando che il direttore generale dell'Ilva per un giorno, ai tempi dell’incidente, era consigliere di amministrazione ma "non aveva alcuna competenza nel settore della sicurezza sul lavoro, che era stata riservata, esclusivamente, all’amministratore delegato". Pucci, hanno aggiunto i legali, "non ricopriva alcuna posizione di garanzia in materia di sicurezza ed igiene del lavoro egli, sia formalmente che sostanzialmente, svolgeva esclusivamente compiti di natura commerciale". La fulminea ascesa e caduta di Pucci non è che l'ultimo tassello della paradossale e a tratti grottesca vicenda dell'Ilva pubblica.

Tra miriadi di decreti, due commissariamenti, polemiche infinite, ripensamenti, un piano di risanamento ambientale ancora da realizzare e, ora, la vendita e il processo d'infrazione europeo, si ha una sola certezza: il pericoloso stato confusionale del governo sull'Ilva, l'acciaio, le politiche industriali del Paese.

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