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Il nodo Viminale, "scalpo" di Matteo

Il nodo Viminale, "scalpo" di Matteo

Il segnale inequivocabile che la trattativa è ormai a buon punto arriva a metà mattina. Quando, sia pure in modo rigorosamente informale, al Quirinale iniziano a buttare giù il calendario delle consultazioni. Due giorni, con i partiti più pesanti ovviamente dal punto di vista dei numeri in Parlamento che domani pomeriggio avranno un'ora ciascuno per confrontarsi con Sergio Mattarella. Insomma, il Conte bis è ben più che in rampa di lancio, altrimenti il capo dello Stato avrebbe previsto tempi ben più rapidi. Cosa fatta, almeno questo hanno fatto intendere al Colle sia il M5s che il Pd. Con quattro nodi che restano aperti. Primo: che ruolo avrà il segretario dem Nicola Zingaretti, che giura di non voler entrare nel futuro governo giallorosso ma che è ben cosciente di rischiare la marginalizzazione politica oltre che la tenuta della sua segreteria. Secondo: quale sarà la poltrona di Luigi Di Maio, vicepremier uscente e che il Pd vuole ridimensionare con un ministero di seconda fascia. Terzo: chi siederà al Viminale, portando dunque a casa lo scalpo politico del grande sconfitto di questa partita, ovvero Matteo Salvini. Quarto: chi andrà a Bruxelles a ricoprire il delicato incarico di Commissario Ue. Una partita tutta politica e, dunque, tutta di poltrone. Che guarda a quello che è il punto fondante dell'accordo che si va limando in queste ore tra 5 stelle e Pd: un esecutivo che duri due anni, almeno fino ad agosto del 2021, quando inizierà il semestre bianco. Tenendo dunque in piedi la legislatura fino all'elezione del nuovo capo dello Stato, in calendario a febbraio del 2022. Così fosse, infatti, sarebbero evidentemente M5s e Pd a decidere il successore di Mattarella.

Sono questi, dunque, i temi sul tavolo. Affrontati prima in un veloce faccia a faccia interlocutorio tra Di Maio e Zingaretti nel tardo pomeriggio. E poi discussi in modo più ampio a sera, in una riunione a quattro allargata anche a Giuseppe Conte e al vicesegretario dem Andrea Orlando. Il tutto in un quadro per certi versi surreale, vista la debolezza con cui Zingaretti è costretto a trattare. Il segretario del Pd, infatti, ha dovuto già ingoiare due giganteschi passi indietro: prima ha detto sì all'intesa con i 5 stelle e poi ha ritirato il suo veto su Conte. Insomma, la sua è una condizione di assoluta instabilità, anche rispetto alla tenuta di un Pd che nei prossimi mesi potrebbe essere il campo di conquista di un redivivo Matteo Renzi. Ecco perché sia Conte che Di Maio insistono a lungo con Zingaretti affinché entri nel governo come vicepremier. Ipotesi che continuerebbe però a non convincere il governatore del Lazio che potrebbe indicare al suo posto proprio Orlando.

Anche Di Maio vorrebbe per sé la poltrona di vicepremier. Ma dopo aver «digerito» Conte il Pd non può assolutamente permetterselo. Anzi, per il leader del M5s regge il veto sui ministeri di peso: no a un suo ritorno al Mise, no a Interno o Esteri. Un buon compromesso potrebbe essere la Difesa. È proprio il Viminale uno dei punti chiave della trattativa. Perché prendere la poltrona che fu di Salvini ha ovviamente non solo un valore politico, ma anche di immagine. Pur continuando a gridare al «complotto», ormai anche i muri sanno che è stato il leader della Lega a dare il via a questa improbabile crisi di governo finendo di fatto per andarsi a schiantare da solo. «Con questa scellerata crisi improvvisata e solitaria si è lasciato scappare in privato Silvio Berlusconi in questi giorni Salvini sta consegnando il Paese a un governo pericoloso come mai prima». Insomma, per Di Maio avrebbe un peso non da poco riuscirai a sedersi alla poltrona del fu alleato.

E proprio a causa delle richieste un po' troppo esose di Di Maio, il segretario dem avrebbe deciso di aggiornare l'incontro a Palazzo Chigi dopo soli 25 minuti. Per darsi appuntamento a sera alla presenza di Conte e Orlando. Un vertice «tra delegazioni», fa sapere il Pd. Come a dire che il premier uscente partecipa come rappresentante del M5s. Dovrà essere lui, dunque, a farsi garante dell'accordo e sciogliere i nodi su cui Di Maio sembra essersi arenato. Perché, spiegano fonti dem mentre la riunione è ancora in corso, «è evidente che un'intesa va fatta venendosi incontro».

E il Pd ha già fatto il primo passo con il via libera al Conte bis.

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